TIVOLI – Il bar ha la licenza, ma il Comune lo chiude: “Bambù” vince al Tar

 I giudici annullano l’ordinanza emessa dall’amministrazione

Ha tutti i permessi da quasi due decenni.

E da allora era noto alla Polizia Locale, alla Asl Roma 5, perfino al Nucleo Antisofisticazione dell’Arma dei Carabinieri che ad ogni stagione estiva ha effettuato i controlli di routine.

Lo sapeva anche il Comune di Tivoli che il bar dell’ex “Bambù”, il primo stabilimento di acqua solfurea nella zona del Barco, aveva le carte in regola a tal punto da farci lavorare tirocinanti baristi stagionali retribuiti da Palazzo San Bernardino.

 
 

Eppure, quattro mesi fa l’amministrazione comunale ha vietato di proseguire l’attività.

Un abuso in piena regola.

Lo ha stabilito oggi, martedì 28 gennaio, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

I giudici hanno infatti annullato l’Ordinanza emessa il 20 settembre 2024 dal Dirigente alle Attività produttive del Comune di Tivoli Riccardo Rapalli con cui era stato imposto all’Associazione Culturale Bambù il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande all’interno della struttura in Via Primo Brega.

L’avvocato Vittorio Messa di Guidonia

Il Tar ha condiviso il ricorso dell’Avvocato Vittorio Messa di Guidonia, legale di fiducia dell’associazione presieduta dal 49enne imprenditore tiburtino Simone Romanzi, mostrando ai giudici tutti i permessi.

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L’imprenditore tiburtino Simone Romanzi

A cominciare dalla Denuncia di Inizio Attività del 9 aprile 2008 per l’esercizio dell’attività di “preparazione e somministrazione di pietanze fredde, insalate, panini con affettati, formaggi ed esercizio bar”.

Un titolo risultato valido nel corso degli anni successivi, quando l’associazione “Bambù” ha subito periodicamente controlli sia da parte della Asl Roma 5 sia da parte dei Nas di Roma, sempre con esito positivo.

L’avvocato Messa ha sottolineato al Tar che per questo dal 2008 e fino a settembre 2024 all’interno dello stabilimento ex “Bambù” l’associazione ha sempre esercitato l’attività stagionale di somministrazione di alimenti e bevande (non superalcoliche), mentre il Comune di Tivoli ha calcolato, applicato e incassato la Tari (Imposta per la raccolta dei rifiuti solidi urbani), senza contare l’Imu e la Tasi relative al locale bar pagate dalla “Romanzi Franco Srl”.

Secondo l’ordinanza, emessa a seguito di un’ispezione della Polizia Locale del 12 giugno 2024, l’associazione eserciterebbe l’attività di somministrazione senza la prescritta Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).

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Davanti al Tar il Comune di Tivoli ha continuato a sostenere che “la denuncia d’inizio attività settore alimentare ai fini della registrazione non costituisce titolo ai fini dell’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande essendo considerata alla stregua dell’attuale notifica sanitaria, di competenza della ASL RM5”.

Secondo Palazzo San Bernardino, l’associazione “Bambù” sarebbe stata “consapevole dell’inefficacia della Dia, tanto da aver presentato, con riferimento alla medesima attività, una Scia nel 2010 (a sua volta inidonea a produrre un effetto legittimante l’esercizio dell’attività perché priva dei necessari allegati), così da non potersi configurare tutela dell’affidamento, rilevando, inoltre, che la natura di atto dovuto del provvedimento priverebbe di effetti invalidanti la violazione delle garanzie partecipative”.

Una tesi che deve aver fatto cadere le braccia perfino ai magistrati ai quali non è rimasto che accogliere il ricorso dell’Associazione Culturale Bambù e compensare le spese, graziando così i contribuenti tiburtini cui sarebbero spettati i costi della causa persa.

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