Ha iniziato da bambino giocando tra pentole e padelle nel ristorante in cui lavoravano i genitori.
Ha imparato i fondamentali tra la scuola superiore e i corsi professionali e si è specializzato in due decenni di esperienza tra ristoranti, alberghi e agriturismi.
Danilo Fabrizi, chef originario di Frosinone da 20 anni a Mentana
Oggi Danilo Fabrizi, 44enne di Mentana, punta a raggiungere il primo posto a “Il migliore chef Italia”, il programma televisivo condotto dallo chef Simone Falcini, in onda su Sky canale 913 e su Canale Italia.
Per ora Danilo, unico rappresentante del Lazio rimasto in gara, è tra i 30 finalisti del contest in cui sono stati selezionati 900 chef di tutta Italia e mercoledì 25 ottobre presso l’Hotel Ristorante “Olimpus” di Sora si cimenterà nella semifinale.
Simone Falcini, Maria Grazia Celella e Leonardo Comucci sono i 3 giudici del contest “Il migliore chef Italia”
Davanti allo Chef Simone Falcini, al Sommelier Leonardo Comucci e alla FoodBlogger Maria Grazia Celella, i 3 giudici del programma tv, Danilo creerà un secondo piatto con prodotti a chilometri zero della regione Lazio con ben 60 ingredienti e tre cotture diverse. L’obiettivo è raggiungere la finalissima a tre che lo lancerebbe nel mondo degli chef stellati.
Un piatto preparato da Danilo Fabrizi
Classe 1979, nato a Frosinone, diplomato all’Istituto Alberghiero “Michelangelo Buonarroti” di Fiuggi, specializzato in corsi professionali con chef internazionali, da vent’anni Danilo vive a Mentana, dove abita con la moglie Pamela Costantini di Monterotondo e la figlia, ha lavorato in locali, ristoranti, agriturismi e alberghi importanti di Frosinone e Roma, è stato docente di cucina all’Accademia Nazionale Professioni Alberghiere e oggi lavora in un Bistrot alla Bufalotta e fa il consulente per ristoranti.
Un banchetto allestito dallo chef di Mentana
Perché ha deciso di partecipare al programma Sky?
Per mettere in mostra le mie doti e soprattutto verificare il livello raggiunto dopo trent’anni di esperienza in cucina.
Chi è il migliore chef d’Italia?
Sono sempre stato affascinato da Antonino Cannavacciuolo, ma attualmente il migliore e Massimo Bottura.
Quanto è importante per lei vincere il titolo di “Migliore chef Italia”?
E’ importantissimo perché a livello personale mi darebbe una carica enorme e un’autostima maggiore. Ma soprattutto sarebbe la gratificazione e il riconoscimento per gli anni in cui ho studiato e lavorato notte e giorno per questo mestiere creando piatti nuovi.
Cos’è per lei la cucina?
E’ passione, amore, dedizione, fantasia, ma soprattutto tanto sacrificio.
Come è iniziata?
Per gioco Mi sono imnnamorato delle padelle e delle pentoline al ristorante di mio zio a Frosinone, dove mio padre e mia madre facevano parte dello staff.
Il suo piatto preferito?
Uno spaghetto alle vongole con i giusti ingredienti, cioè con le vongole fresche appena pescate.
Il piatto che le riesce meglio?
Ad oggi sono i primi, sono innamorato nella preparazione dei primi.
A casa sua chi cucina?
Mia moglie perché fuori dal mio ambito lavorativo preferisco fare il padre di mia figlia.
Cos’è l’avanguardia?
Oggi è tutto ciò che riguarda la nuova tipologia di cucina.
Oggi noi chef dobbiamo stare al passo con i tempi, aggiornarci sulle innovazioni nel funzionamento dei forni e sui nuovi sistemi di cottura. C’è una serie di tecniche innovative che hanno alzato il livello della cucina, anche se ancora oggi i clienti preferiscono la cucina basilare.
Da qualche anno a questa parte, soprattutto grazie a Cracco e altri chef stellati, in molte scuole alberghiere, c’è una lista d’attesa infinita per imparare il mestiere. Cosa consiglierebbe a un giovane che sceglie di approcciarsi a questo lavoro?
Sono stato docente in scuola privata e mi sento fiero di aver immesso nel mercato cuochi che oggi lavorano in grandi strutture e mi ringraziano per il mio operato. Il problema principale è stata la tv e il format proposto che ha invogliato tantissimi ragazzi verso l’Istituto Alberghiero.
Alcuni, tra cui anche qualche mio ex alunno, pensava di diventare chef in 4, 5 o 6 mesi.
Io a 44 anni non mi ritengo ancora un grande chef perché si può imparare anche dai più piccoli. In questo mestiere bisogna essere umili e soprattutto con la testa sulle spalle essendo faticoso e impegnativo, è un mestiere di responsabilità per noi e per gli altri in quanto un locale può salire e scendere in base allo chef.
Fornelli e tv sembrano diventati un binomio perfetto: perché gli chef puntano al successo e a diventare più famosi degli attori?
La cucina è sempre stato un settore poco attenzionato dalla tv e dai media.
Vent’anni insieme ad una nota radio romana stavamo provando una trasmissione di cucina in cui creavo piatti semplici per casalinghe e gente comune che voleva imparare il mestiere. Ebbene quel programma non andò mai in onda.
Poi è arrivato un momento in cui la cucina ha avuto il massimo riscontro e c’è stato il boom dei grandi chef. A quel punto è scoppiato il problema della cucina e dei fornelli, di far vedere quello che non è.
In che senso?
Nel senso che creare un piatto non equivale a saper cucinare o saper gestire una cucina. Anche io posso creare un piatto, ad esempio uno spaghetto vongole, bottarga e fiori di zucca.
Ma lo chef è un insieme di elementi esperienziali che vanno dall’acquisto del prodotto al piatto finito e al prezzo finale. Questo è il problema del messaggio distorto dei programmi di cucina che ha confuso le idee a molti.
Ho alcuni ex alunni che mi hanno chiamato perché compravano prodotti non all’altezza per il tipo di locale in cui lavoravano e rischiavano di affossarlo. I ragazzi si credono tutti grandi chef, ma per diventarlo bisogna girare tanti locali e fare parecchi sacrifici per capire cos’è la ristorazione.