Katia e il Burlesque “Sul palco femme fatale, ma nella vita sono un maschiaccio”

Katia Santantonio nei suoi show di Burlesque si trasforma in “Gipsy Rebel” e sfida i perbenismi con seduzione, calze a rete e un pizzico di autoironia

Abiti scintillanti con perle e paillettes, sensualità e femminilità ma mai volgarità.  Katia Santantonio ci guida a passo di danza nello  spettacolo Burlesque dove tutto può accadere e dove il sogno di trasgressione e libertà diventa, per i pochi attimi di un ballo, realtà.

Artista, ballerina, cantante e anche attrice teatrale Katia ha 42 anni ed è cresciuta a Fonte Nuova. A vent’anni è scappata a Londra dove ha studiato alla Conti Accademy e recitato per cinque anni al Teatro Stabile.

Tornata in Italia dieci anni fa, sul palco Katia si trasforma: da donna comune, “un po’ maschiaccio” (come dice lei), diventa Gipsy Rebel la “zingara ribelle”, che con tacchi alti, calze a rete e anche un pizzico di autoironia sfida schemi e pregiudizi. Perché in un balletto a luci rosse o in un corpo “non perfetto” c’è meno oscenità che nella cattiveria dei giudizi superficiali. È questa la lezione e la magia del Burlesque, un’arte del passato che con una “burla” inchioda ancora tante falsità e ipocrisie del nostro presente. Per questo continua a meravigliarci, incantare e divertire.

Katia in Italia secondo te ci sono pregiudizi legati al Burlesque?

In Italia il Burlesque è ancora associato al ruolo di “Femme Fatale”, un ballo sensuale a “luci rosse”, all’estero c’è più l’elemento della Burla, l’idea di prendersi un po’ in giro, una femminilità giocosa che a me piace molto e che cerco di riproporre nei miei spettacoli.

è vero che tra il tuo pubblico ci sono molte donne?

è vero! Tante sono scettiche ma dopo lo spettacolo si ricredono e mi fanno i complimenti per l’eleganza, molte mi chiedono addirittura di fare lezione.

Quale è secondo te la regola numero uno della seduzione?

Il segreto è essere elegante e mai volgare: il “teasing”, il gioco, non deve essere una cosa diretta ma molto soft. La seduzione è uno stuzzicarsi, un “vedo non vedo”,  se c’è volgarità non c’è arte.

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Sul palco ti fai chiamare “Gipsy Rebel”, come nasce questo personaggio?

Il mio nome d’arte rispecchia la mia personalità: ho scelto Gipsy, cioè zingara, perché non mi sento di appartenere a una sola cultura, non mi sento italiana ma cittadina del mondo. “Rebel” perché incarna lo spirito ribelle che mi caratterizza sin da ragazza.

Ad esempio a cosa ti vorresti ribellare?

Mi sono sempre ribellata ai preconcetti, in Italia c’è una pressione sociale fortissima contro chi non si conforma ai modelli convenzionali. Ad esempio, sono una donna di 42 anni e vengo considerata “fallita” o se non ho una famiglia e un lavoro stabile, o addirittura vengo giudicata perché dopo una certa età non è più “normale” salire sul palco e ballare in un certo modo. Sono contraria a questi clichè, che ci impediscono di esprimere noi stessi, di vivere come vogliamo e ci condannano ad essere infelici e repressi.

A LEZIONE DI BURLESQUE ANCHE A 60 ANNI “LA LIBERTà NON HA Età” Tra le allieve di Katia ci sono molte signore di 50 o 60 anni: “All’inizio si vergognano, poi trovano il coraggio”. Il ballo è un momento liberatorio, una pausa dai figli e dal marito, una fuga dai percorsi sbagliati, da tutti quei ruoli che la vita ci cuce addosso a volte senza che lo vogliamo, a volte perché non abbiamo scelta. Il burlesque non è solo uno spettacolo ma l’occasione per riscoprire la propria bellezza e femminilità, scherzosamente, mettendosi in gioco. Si può essere belle e sexy anche con un corpo “non perfetto”: è questione di eleganza, movimenti ma soprattutto atteggiamento. Ce lo insegna la grande performer americana “Dirty Martini” (che pesa quasi 80 kg): “quando balla è così gioiosa, così piena di grazia che la cellulite non la vede nessuno”.

Come influisce il passare degli anni nel tuo lavoro?

Ho un bel rapporto con il mio corpo, vedo che il mio fisico si sta modificando e sto imparando ad accettarlo, ad amare anche quelle parti che non sono più come prima. Anzi credo che con l’età si acquisisca una conoscenza di sé stessi più profonda, a 40 anni c’è una bellezza diversa, più consapevole e matura di quando ne hai 20. Infine sul palco torno bambina: è ciò che faccio e trasmetto, non la forma del mio corpo, ad andare in scena. Per questo gli artisti non invecchiano mai.

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Gipsy Rebel sul palco e Katia nella vita di tutti i giorni: cosa cambia?

Cambia tutto! Chi mi incontra in strada dopo avermi vista in scena a malapena mi riconosce. Se sul palco sono una “femme fatale”, nella vita di tutti i giorni sono una donna molto normale, anzi un po’ “maschiaccio”: scarpe basse, poco trucco e abiti sportivi.  Non mi sento sexy, e quando sul palco tiro fuori la mia femminilità lo faccio scherzandoci su.

Il burlesque aveva molto successo negli anni ‘30 e ‘40, come consolazione in un periodo buio. Oggi in questi momenti difficili dettati dalla pandemia l’arte torna ad aiutarci?

Sono convinta del valore terapeutico dell’arte, soprattutto in questi momenti. Per questo durante la quarantena insieme ai miei colleghi Pino Petrosillo, insegnante di canto e recitazione, e la performer di burlesque Carla Tarquini abbiamo continuato a postare sui social brevi video delle nostre esibizioni per regalare qualche attimo di spensieratezza al nostro pubblico.

Dopo la riapertura avevi tanti progetti che ora sembrano sfumare a causa dei nuovi lockdown, quale è il clima nel mondo dello spettacolo?

È un momento molto duro per gli artisti, ora è tutto sospeso, ma non ci arrendiamo. Non mi piace il clima un po’ puritano che c’è in Italia, è come se tutti dicessero “non è il momento per divertirsi e scherzare, c’è il virus!” Invece credo che oggi più che mai abbiamo bisogno dell’arte e della bellezza,  per non arrenderci alla negatività, alla tristezza, alla disperazione. Per continuare a resistere nel nostro piccolo, tenendo viva la speranza di un domani migliore. (El.Gio)

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