Un saluto al riformista che pensava in grande!

Martedì 19 gennaio ci ha lasciato Emanuele Macaluso. Credo che sia lui in Italia ad aver inventato la categoria di riformismo

Nel giorno della verifica in Senato per capire se abbiamo ancora un governo credo ci si debba fermare tutti un attimo per un pensiero assorto a un grande uomo che oggi ci lascia in punta di piedi. Emanuele Macaluso non amava le grandi celebrazioni. Uomo forte e schietto aveva un senso del socialismo come costruzione attenta e tenace del giorno dopo, ma partendo da alcune intuizioni chiare e distinte. A differenza della cultura democristiana non si limitava a governare i conflitti che c’erano per trovare una mediazione alla buona. Aveva appreso dalla cultura marxista il livello della sintesi che doveva necessariamente scaturire dalla dialettica. E la dialettica era in ogni cosa. Era nella Storia, era nelle piccole e grandi vicende della vita, era nei grandi processi di divisione e di riallineamento. Ma noi tutti, marxisti immaginari e rivoluzionari fantasiosi, gli dobbiamo un’immensa gratitudine per averci riportato sempre coi piedi per terra, senza per questo ridimensionare le nostre proiezioni di giovani che vogliono cambiare tutto. Macaluso sembrava fosse nato come un “Grande Vecchio”. Inventò il migliorismo.
( La corrente politico-culturale che aveva come massimo esponente l’ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano e come grande ispiratore Napoleone Colajanni, grande amico di TIBURNO e ispiratore della sua linea economica ).
Al cospetto dei grandi dibattiti tra alternativa di sinistra e alternanza di governo, Macaluso prospettava l’impegno e l’esempio nei governi reali ovunque fosse possibile. Il suo potremmo chiamarlo una forma di Nuovo Umanesimo che da sinistra fosse la dimostrazione del mondo possibile. Le idee dovevano scaturire dalle cose, non parto del nostro “voler essere”, e potevano diventare realtà se si lasciavano i toni rivendicazionisti per lavorare effettivamente sulle cose. In questa pratica di vita operativa essere sempre da esempio.
Nella sua casa di Testaccio a Roma lo vedevi passare e si fermava a scambiare due battute con chiunque gli proponesse il dilemma politico dell’attualità. Aveva una buona parola con tutti. Ma anche illuminante. Da vecchio siciliano come Diogene sembrava sempre accompagnato da una lampada. Quello spunto di riflessione in più in grado di illuminare meglio la scena che stavamo vivendo. Non so esattamente come la pensasse su questa crisi. So solamente che anche stavolta ci avrebbe dato un guizzo in più per tutti quelli che oggi si chiamano “riformisti” ma che avrebbero voluto essere come lui. Da ex rivoluzionari impenitenti, da antichi alternativi laici e progressisti, da semplici persone che aspirano al senso pratico delle cose, ti salutiamo.

Ti sia lieve la terra

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