Cave, imprese consorziate contro il caro-bollette

Costi dell’energia elettrica quadruplicati, macchinari fermi, ma niente tagli occupazionali. Il Presidente del Comparto, Filippo Lippiello: “Leva Fiscale o aiuti dal nuovo Governo”

La previsione dell’Istat è impietosa: l’aumento dei costi dell’energia elettrica potrebbe rendere “negativi i margini operativi dell’8,2% delle imprese attive“.

Nella Nota sull’andamento dell’economia italiana, l’Istituto nazionale di Statistica ha calcolato che in perdita finirebbero oltre 355 mila aziende, 300 mila delle quali operative nei Servizi e le restanti nella Manifattura. Tra le 55 mila ci sono anche le imprese del settore estrattivo operanti nel Bacino di Guidonia Montecelio e Tivoli.

Il quotidiano on line Tiburno.Tv ha intervistato l’imprenditore delle cave Filippo Lippiello, Presidente del Centro per la Valorizzazione del Travertino Romano, consorzio di cui fanno parte le maggiori aziende del settore lapideo. Aziende – racconta Lippiello – alle prese coi costi quadruplicati e i contratti da rinnovare coi fornitori dell’energia elettrica i consumi della quale nel distretto estrattivo ammontano a circa 4 milioni di kilowatt al mese.

Presidente Lippiello, quanto sono aumentati per le aziende del Comparto i costi dell’energia elettrica?

Dipende dal contratto stipulato da ciascuna azienda, ovvero se a tariffa variabile oppure fissa. In media sono aumentati rispetto al 2021 di 4 volte, quindi sono quadruplicati. In alcuni casi chi ha scelto un contratto a tariffa variabile paga anche 8 volte di più.

Quindi è chiaro che ha causato e sta causando gravi problemi di gestione delle aziende.

A fronte di questi aumenti dei costi le aziende del settore hanno dovuto ridurre i consumi produttivi?

Le aziende che hanno subito gli incrementi più importanti hanno gestito, quindi diminuito, l’impiego dei macchinari mantenendoli 15 giorni attivi e i restanti 15 giorni spenti. Finora hanno gestito in remissione: nel caso in cui proseguisse questa situazione avrebbero gravissimi problemi.

E chi ha contratti a tariffa fissa?

In quel caso le imprese hanno dovuto gestire l’ultimo periodo nella stessa maniera o similare. Ma è chiaro che il problema si amplierebbe nel caso in cui l’intero Comparto dovesse subire il cambio di tariffa dei contratti in scadenza tra ottobre e dicembre.

E contemporaneamente non ci sarebbe una possibilità di solidarietà tra imprese che invece finora c’è stata.

Si spieghi meglio: vi siete aiutati? E come?

Ci siamo aiutati. Abbiamo cercato di incontrarci e creare un sorta di consorzio di consumi: così chi non riusciva a sostenere l’attività, si è rivolto al vicino che riesce ancora ad operare grazie ad una tariffa buona.

Fino ad oggi il sistema ha retto però tra ottobre, novembre e dicembre tutte le imprese dovranno rinnovare i contratti e allora bisognerà verificare quale tipo di aiuto lo Stato garantirà alle aziende per proseguire.

Quanto le bollette dell’energia elettrica incidono sui costi generali?

Nel nostro comparto l’incidenza oscilla tra un 15 e un 30% da azienda ad azienda. E’ una cifra importante, se dovesse diventare il 60% non sarà più sostenibile.

Finora il personale è rimasto a lavorare, oppure le aziende hanno dovuto adottare provvedimenti drastici?

Fino ad oggi, con questa attività solidale fra di imprese, siamo riusciti a mantenere lo stesso livello occupazionale. Ripeto, il problema si potrà presentare tra novembre e dicembre, quando ci potrebbe essere qualche criticità.

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In tema di previsioni si potrebbe prospettare anche una riduzione di personale?

La riduzione di personale non credo, se dovesse rimanere un fenomeno temporaneo. Nella peggiore delle ipotesi, si potrà pensare ad un’organizzazione del lavoro articolata e forse ricorrere a qualcosa di cassa integrazione. La metà delle aziende del Comparto sono firmatarie di un contratto integrativo, ma il nostro rapporto sindacale è molto avanzato quindi proveremo a percorrere tutte le strade per non far perdere potere d’acquisto al dipendente.

E’ chiaro, che di fronte ad un’impennata di 4 volte dei costi energetici, qualora non ci dovessero essere aiuti concreti dallo Stato, e le imprese fossero costrette a fermarsi, non so come riusciremmo a gestire.

In vista dei rinnovi dei contratti energetici, tra le soluzioni è possibile fare un cartello d’imprese, una sorta di consorzio d’acquisto?

La volontà di costituirlo è stata espressa in un ultimo incontro del Centro per la Valorizzazione e le aziende hanno anche richiesto audizione a chi produce energia. Ora ci sono le scadenze contrattuali che sono articolate: a qualche azienda il contratto scade a settembre, ad alcune ad ottobre, altre ancora a novembre.

Dovremo verificare se è possibile stipulare contratti con un unico fornitore, se ci sono contratti non ancora scaduti o da rinnovare: esistono delle difficoltà burocratiche. Ci sono anche delle perplessità da parte del fornitore perché da una parte si accaparrerebbe un intero settore che acquista energia elettrica, ma dall’altra si accollerebbe un rischio maggiore.

Cosa rischia il fornitore nell’erogare energia ad un Consorzio in cui si consumano circa 4 milioni di kilowatt al mese?

Un contratto a tariffa fissa potrebbe essere un rischio grande per il fornitore che magari in questa fase di mercato è più propenso a fare contratti minuti Però è vero che, anche se dovesse rischiare di rimetterci qualcosa – ma potrebbe anche guadagnarci moltissimo -, comunque si accaparrerebbe un intero settore che al rinnovo del contratto a tariffe normalizzate farebbe un ottimo affare.

Probabilmente un fornitore avveduto coglierebbe l’occasione, noi ce lo auguriamo perché anche una differenza sostanziale di costi energetici tra azienda e azienda porterebbe una competizione non corretta tra imprese confinanti. Concorrenza che già abbiamo coi paesi esteri nostri competitori come Spagna e Portogallo, che hanno fatto una politica energetica completamente diversa dal resto d’Europa e hanno dei costi energetici ancorati a quelli di due anni fa, malgrado facciano parte della Comunità Europea.

Significa che hanno costi 5 volte inferiori ai nostri e in particolare la Spagna è fortissima nelle ceramiche e nei marmi.

L’Italia potrà mai somigliare alla Spagna?

La Spagna ha giocato sulle infrastrutture e sulle autorizzazioni all’estrazione di gas e la produzione energetica sul proprio territorio. In Italia sarebbe un processo estremamente lungo, anche se da quanto ho sentito dal precedente Governo si sta cercando di sbloccare una serie di autorizzazioni di autoproduzione di energia. Purtroppo oggi nel breve tempo si può agire soltanto su una leva fiscale oppure su aiuti alle imprese, ma non c’è una soluzione nell’immediato.

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Proprio ieri – mercoledì 12 ottobre, ndr – Greta Thumberg ha dichiarato che è un errore chiudere le centrali nucleari per concentrarsi sul carbone. Evidentemente ci si sta rendendo conto che alcune politiche debbano fare i conti con situazioni impreviste che possono mettere in ginocchio non solo il mondo delle imprese ma il cittadino comune che non può adeguare lo stipendio ai costi del momento e che il mercato è totalmente distorto perché l’inflazione non è generata da una maggior produzione ma addirittura da una recessione.

E’ un problema da porsi per il futuro, è un monito.

Cosa potrebbe e dovrebbe fare il nuovo Governo?

Il passato Governo ha previsto incentivi col Decreto Aiuti 1, Bis e Ter, ma la copertura economica per questi aiuti arriva a novembre e dicembre è scoperto. Il nuovo Governo ha fatto delle dichiarazioni sicuramente positive per risolvere il caro-energia, bisogna vedere cosa vorrà mettere in campo per contenere il più possibile i costi.

Anche perché gli stessi aiuti contengono ma non risolvono, per poter mantenere in piedi il sistema imprese manufatturiere serve anche altro.

Veniamo al mercato del travertino: ci sono ancora richieste dall’estero?

L’anno Covid ha generato una spinta propulsiva nell’anno successivo, il 2022, perché i vari cantieri sospesi e i progetti cantierabili si erano fermati a quel periodo. Quindi il 2022 è stato un anno positivo sotto il profilo del mercato: i progetti sono diventati esecutivi e quelli che dovevano essere chiusi hanno avuto necessità del materiale.

Anche se i costi dell’energia hanno eroso i margini, il mercato ancora c’è, è la coda di vecchie progettualità, un’onda lunga che speriamo di poter ancora cavalcare.

La guerra in Ucraina ha influito in qualche modo nella reperibilità di attrezzature e pezzi di ricambio?

Decisamente sì. Per quanto riguarda i grandi investimenti previsti dal Piano Industria 4.0, se prima in 3, 4 mesi si potevano acquistare le nuove pale meccaniche interconnesse e più avanzate, adesso ci vuole un anno. E lo stesso vale per i macchinari stessi.

Per quanto riguarda materiali come cavi elettrici, quadri elettrici, e centraline elettroniche, il problema è che il costo di acquisto di un bene varia in funzione della sua reperibilità. Per cui i preventivi valgono per una settimana.

In che senso?

Nel senso che se un fornitore oggi fa un preventivo di mille euro, questa cifra vale se l’azienda conferma l’ordine entro una settimana perché la prossima il prezzo potrebbe variare per carenza di reperibilità.

Tutto questo crea una certa precarietà.

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