MONTEROTONDO – Un arsenale da guerra nascosto in cantina, condannato il boss dello Scalo

Quattro anni e 3 mesi per Carmelo Trantino, già coinvolto nell’inchiesta “Babylonia”: aveva tre pistole, un fucile a pompa e un kalashnikov

Un extracomunitario ubriaco che in pieno giorno spara all’impazzata all’interno del parco pubblico.

Un borsone pieno di armi da guerra rinvenuto vicino ad una panchina dello stesso giardino comunale.

Era il 7 marzo 2015.

Iniziò così l’indagine dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Monterotondo culminata dopo tre mesi con l’arresto di Carmelo Trantino, 46 anni, un pezzo da 90 della criminalità eretina. Mercoledì 7 dicembre, a distanza di sette anni, il Tribunale di Tivoli ha condannato il pluripregiudicato di origine siciliana a 4 anni e tre mesi di reclusione, oltre ad una multa di 1.100 euro, per detenzione illegale di armi da guerra e comuni da sparo, nonché di diverse tipologie di munizioni e di polvere da sparo: un fucile a pompa ed un fucile kalashnikov, calibro 7,62, due pistole Beretta e una pistola calibro 40 CZ, oltre a sette serbatoi riconducibili a diverse armi e a circa 200 di proiettili di vario calibro.

Per come è stata ricostruita dagli inquirenti, la vicenda accaduta a Monterotondo sembra ricalcare la nascita romanzata della cosiddetta Banda della Magliana nel 1977, quando il giovane boss Franco Giuseppucci a Trastevere subì il furto di un borsone pieno di armi nascosto all’interno della sua auto ad opera di Maurizio Abbatino e i due criminali si allearono formando una “batteria” unica.

Nel caso di Monterotondo tutto ebbe inizio il 7 marzo 2015 nei giardini pubblici di via Martiri di via Fani, allo Scalo. Nel primo pomeriggio un egiziano ventinovenne ubriaco esplose all’impazzata alcuni colpi d’arma da fuoco all’intero del parco pubblico, creando il panico tra bambini e genitori.

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I Carabinieri del Nucleo Operativo intervennero immediatamente e riuscirono a bloccare e a disarmare il nordafricano. Accanto alla panchina sulla quale il 29enne era seduto con una pistola in mano, i militari ritrovarono anche un borsone pieno zeppo di armi e munizioni da guerra.

In particolare, due pistole risultate rubate ad agosto 2014 in occasione di furto in abitazione nel quartiere romano di Casalotti; un fucile a pompa rubato nel 2012 a Scandriglia, in provincia di Rieti, un kalashnikov, centinaia di proiettili, una bottiglia di vetro, chiusa artigianalmente con nastro adesivo, contenente circa 50 grammi di polvere pirica.

Così il 29enne egiziano fu arrestato e condotto a Rebibbia. Ma a quel punto i militari, all’epoca diretti dal maggiore Salvatore Ferraro, iniziarono ad indagare per scoprire come un uomo sconosciuto alle forze dell’ordine potesse essere in possesso di un arsenale da guerra.

Così gli investigatori accertarono che l’egiziano abitava insieme alla compagna, una coetanea italiana, nel complesso di case popolari di via Aldo Moro, a neppure 500 metri dal parco pubblico in cui aveva sparato. Attraverso le intercettazioni ambientali in carcere i carabinieri captarono un dialogo tra l’uomo e la donna che, seppur bisbigliato, permise ai militari di ricondurre l’arsenale a Carmelo Trantino, anche lui abitante alle case popolari di via Aldo Moro, dove è considerato un boss per i suoi trascorsi giudiziari.

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Secondo la ricostruzione degli inquirenti, le armi erano nascoste in una cantina del complesso di Edilizia Residenziale Pubblica alla quale nessuno del quartiere si sarebbe mai permesso di accedere, se non l’egiziano quando si trovò in stato confusionale per aver bevuto troppo alcool.

A giugno del 2015, sulla base del quadro indiziario, la Procura di Tivoli richiese ed ottenne dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli la custodia cautelare in carcere a Rebibbia per Carmelo Trantino.

Mercoledì la tesi della Procura è stata condivisa dal Collegio Penale presieduto da Nicola Di Grazia – a latere i giudici Giovanni Petroni e Camilla Amedoro – che hanno condannato il boss dello Scalo a 4 anni e 3 mesi.

I giudici hanno inoltre trasmesso alla Procura gli atti relativi alla testimonianza resa in aula dalla compagna dell’egiziano per valutare l’eventuale sussistenza di profili di reato: la donna rischia di essere accusata di aver mentito per coprire Carmelo Trantino.

Un nome “pesante” nel panorama della criminalità eretina, quello del 46enne di Monterotondo.

Nel 2017 Carmelo Trantino fu coinvolto nell’inchiesta “Babylonia” e arrestato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma insieme ad altre sei persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere, estorsione e usura.

Per quella vicenda nel 2020 il 46enne dello Scalo è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per una serie di estorsioni, tra cui quella al bar della Vittoria, a Monterotondo.

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