GUIDONIA – L’sos delle mamme e le confessioni della pentita: così crollò la “Suburra”

COLLE FIORITO VIOLENTO/4 - Il ruolo delle donne nell'operazione “Torre 18”

Nell’immaginario collettivo quel nome corrisponde al film e alla serie televisiva interpretati da Alessandro Borghi, entrambi ispirati al romanzo del magistrato Giancarlo De Cataldo e del giornalista-scrittore Carlo Bonini.
In realtà, per “Suburra” si intende il quartiere più popolare, sudicio e malfamato dell’antica Roma, quello compreso fra i colli Quirinale, Viminale, Celio e Oppio, abitato da gente di malaffare.
Lo spaccio di droga, gli agguati a colpi di pistola, i sequestri di persona, gli inseguimenti avvenuti negli ultimi anni a Colle Fiorito sono episodi non molto distanti da quelli della fiction.
Anche perché tutto accade alla luce del sole, proprio come nella finzione cinematografica dove le forze dell’ordine sembrano non esistere.
Ma questo non è un film, perché le forze dell’ordine, e in particolare i carabinieri della Compagnia di Tivoli, negli ultimi anni hanno contrastato l’escalation criminale in quello che appare come il quartiere da Far West di Guidonia Montecelio.
In questa dura e cruda realtà un ruolo decisivo nel far crollare l’impero della “Suburra” di Colle Fiorito fu giocato dalle figure femminili.
Le indagini sul mercato della droga a cielo aperto scattarono nella primavera del 2017, a seguito delle proteste dei genitori degli alunni dell’istituto comprensivo “Giuliano Montelucci”.
Le mamme segnalarono ai carabinieri della stazione di Tivoli Terme che nel grattacielo popolare dell’Ater antistante il plesso scolastico di via Rosata ogni giorno si assisteva ad un andirivieni di “clienti” e a passaggi di denaro e di dosi di cocaina sulla pubblica via.
Tutto alla luce del sole, come fosse la cosa più normale del mondo.
Così sotto il coordinamento della Procura di Tivoli, i militari nascosero una telecamera nell’androne condominiale e avviarono intercettazioni telefoniche e ambientali, strumenti tecnici attraverso i quali tra giugno, luglio e agosto 2017 i pusher vennero ripresi all’opera.
Fu la Dda di Roma a coordinare le indagini nell’ambito delle quali fu ricostruito l’organigramma della banda con gli arresti di otto spacciatori in flagranza di reato, con l’identificazione di 105 assuntori e col sequestro di circa un chilo di cocaina per un complessivo di quasi 1000 dosi confezionate singolarmente, oltre ad una pistola trovata nella disponibilità del promotore della gang, Omar G.
A sei mesi dalla “retata” i carabinieri stanarono anche un fucile da caccia calibro 12 con la matricola abrasa insieme ad una quarantina di cartucce sepolti nel terreno di Luciano R., un pensionato 70enne incensurato originario di Villalba.
All’alba del 27 settembre 2019 i militari si presentarono nella tenuta lungo la via Maremmana, a Marcellina, e lo arrestarono per detenzione abusiva di arma clandestina e di munizionamento.
L’anziano ammise di aver nascosto il fucile nel suo terreno circa tre anni prima per fare un favore ad un amico di vecchia data, Luciano G., il padre di Omar, il capo della “Torre 18”.
A quel terreno gli investigatori arrivarono proprio grazie alle dichiarazioni rese della moglie di uno dei capi dell’organizzazione: dopo il maxi blitz del 4 marzo 2019, la donna richiese di essere riconosciuta come collaboratrice di giustizia e riempì pagine e pagine di verbali, raccontando la struttura e i traffici dell’organizzazione e confermando la ricostruzione della Dda.
Chissà se saranno ancora le donne a segnare il destino della nuova “Suburra” di Colle Fiorito.
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