TIVOLI - Adottato, il Prefetto nega di riprendere il cognome originario

Ora è diventato genitore e desidera ritornare alle origini: l’ha spuntata al Tar

Era stato ben felice di essere adottato in quella famiglia che lo ha cresciuto e amato, permettendogli di studiare e attribuendogli ovviamente un nuovo cognome.

Ma ora che è diventato a sua volta genitore, ha sentito il desiderio di un ritorno alle origini e ha chiesto di rimodificare il cognome ripristinando quello originario.

La storia emerge dalla sentenza numero 7605 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA - pubblicata mercoledì 17 aprile dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Il protagonista, uno stimato psicologo, è dovuto ricorrere alle vie legali per ottenere un diritto negato dalla Prefettura di Roma.

Tutto ha inizio l’11 marzo 2022, quando lo psicologo presenta alla Prefettura di Roma l’istanza di cambiamento del cognome per maggiorenni, chiedendo di poter (ri)modificare il cognome assunto in seguito all’adozione avvenuta anni prima attraverso un procedimento presso il Tribunale civile di Tivoli, sezione volontaria giurisdizione.

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In sostanza, l’uomo, ora genitore di un minore nato da una relazione more uxorio, esprime la preferenza a “ritornare” al cognome originario nonostante l’interesse e la volontà manifestata nell’essere adottato. In via subordinata, chiede anche il doppio cognome, ossia quello della famiglia adottante e quello della famiglia originaria.

La Prefettura prima respinge entrambe le richieste, poi si ravvede e concede il doppio cognome.

Una soluzione affatto condivisa dallo psicologo che ha impugnato il diniego davanti al Tar del Lazio ottenendo ragione.

I giudici amministrativi hanno evidenziato che “il cognome, essendo un aspetto fondamentale della personalità di ogni individuo, costituisce un elemento tendenzialmente modificabile su scelta dello stesso, a meno che sussistano puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell’interesse privato al suo cambiamento”.

Secondo il Tar, nell’accogliere soltanto la richiesta subordinata, la Prefettura non ha motivato, in termini di interesse pubblico, le ragioni con cui giustificare il sacrificio al cambiamento del proprio cognome in modo da non poter tornare esclusivamente a quello originario.

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“Cioè – spiegano i giudici – le ragioni poste a fondamento della richiesta, collegate all’interesse del ricorrente, sia come individuo a ritornare al proprio cognome, sia come professionista, sia ancora come genitore di un minore (il quale di riflesso e per conseguenza dell’adozione ha mutato anch’esso il cognome), non sono state bilanciate con gli altri interessi pubblici rilevanti nella specie; o comunque di ciò non vi è traccia nel provvedimento impugnato”.

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