





“Prima dell’8 settembre 1943 – ha raccontato il giornalista Giancarlo Martini – nel Palazzo Comunale era insediato il Quartier Generale delle Forze Armate Italiane sotto il comando del generale Roatta, che aveva l’abitazione personale a villa Betti, posta a mezza strada fra Monterotondo e Mentana.
Vi rimase sino all’annunzio dell’armistizio; l’intero Comando seguì poi le alte cariche dello Stato nella fuga al Sud.
All’alba del 9 settembre, dopo un mitragliamento a bassa quota, i tedeschi lanciarono nell’area di Monterotondo un battaglione forte di 800 paracadutisti, con il compito di occupare il Castello Orsini, “sede di campagna” dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano. Il dispositivo di difesa, di cui faceva parte la 2/a Compagnia Carabinieri SMRE, contrastò energicamente l’attacco nemico, dando modo allo Stato Maggiore di trasferirsi, con tutti gli archivi, in zona più sicura.
I tedeschi, dopo un relativo successo, che consentì loro di penetrare nel Castello a pomeriggio inoltrato, vennero chiusi dalla morsa delle nostre truppe e poterono uscirne soltanto dopo che, per l’evolversi della situazione a Roma, vennero raggiunti accordi col feldmaresciallo Goering.
Dei 107 carabinieri della Compagnia che partecipò alla difesa di Monterotondo, 14 rimasero feriti. L’azione costò ai tedeschi ben 300 uomini”.