Nell’ultimo trimestre dell’anno in corso debbono essere rispettate quarantadue scadenze. A fare le veci dell’Europa nelle vesti di grandi giudici saranno il servizio centrale del Pnrr e la cabina di regia del presidente del Consiglio coi ministri competenti. La prima volta che si è riunita è il 7 ottobre. Ogni sei mesi dovrà presentare una relazione al Parlamento per informare sullo stato di avanzamento del Pnrr.
Riusciranno i nostri eroi a portare il risultato a casa? Già cominciano a individuarsi ritardi nei compiti. Il richiamo ad un’accelerazione da qualche personalità che guarda dall’alto non ci starebbe male.
Il piano con interventi di cui consta il PNRR è di 235,1 miliardi di euro per i quali bisogna programmare e spendere entro il 2026. C’è dentro la transizione ecologica e poi la digitalizzazione, la ricerca, le infrastrutture e mobilità sostenibile, ma anche la coesione sociale e la sanità.
Quindi tra gli obiettivi per la velocizzazione di ogni disfunzione e burocratizzazione delle funzionalità dello Stato. Prima attenzione quindi per pubblica amministrazione e concorrenza.
Ma il problema sono le scadenze da rispettare. Si deve arrivare a 213 obiettivi che consistono nell’approvazione di novità normative nei prossimi cinque anni. Ma accanto a questi ci sono altri 314 obiettivi in cui si debbono valutare i risultati effettivamente raggiunti. Grande giudice è sempre l’Unione che deve saggiare se gli impegni mantenuti dall’Italia sono stati rispettati. Solo allora usciranno i soldi. Ventiquattro miliardi sono stati erogati ad agosto, gli altri arriveranno se saranno rispettati gli step.