Non c’è bisogno di allarme in Italia per la polmonite cinese

Ma nel frattempo si prepara un altro piano triennale per prevenire la possibilità di una nuova pandemia

L’andamento dei contagi da SARS-CoV-2 in Italia è sotto controllo. C’è stato l’aumento di ospedalizzazione la scorsa settimana, con un aumento dal 6,7% a 7,6% e la crescita in terapia intensiva dall’1,4% all’1,5%. Ma si tratta di dati che gli statistici sanitari si aspettavano. C’è anche maggiore disponibilità di vaccini.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità fa sapere che non c’è allarme per le polmoniti in Cina. Continua il monitoraggio. “Non ci sono ragioni per mettere in campo soluzioni di emergenza” – ha detto Francesco Vaia, direttore generale dell’Istituto Spallanzani di Roma, nel corso del convegno dal titolo: InnnovaCtion, ricerca e innovazione, cambiamento per la salute del futuro.

Detto questo però il nostro paese ha preparato – ha detto sempre Vaia – il piano pandemico per il prossimo triennio. O meglio, è alle battute finali: “è quasi pronto per essere inviato al ministro e poi verrà inviato alla conferenza Stato-Regioni”. E poi sempre sul problema della paura che si ripeta l’evento pandemico. Gli specialisti stanno esaminando uno per uno i patogeni indicati dalle autorità sanitarie cinesi. Tra queste indicazioni c’è il mycoplasma, il nome del batterio alla causa di epidemie respiratorie in Cina. Il trattamento con antibiotici e il ricovero in ospedale non è comune e comunque ne garantisce la cura. La malattia a cui conduce ha la singolare denominazione di “polmonite ambulante”. Con questo tipo di patologia la radiografia del torace appare molto peggiore di quanto appaia il paziente. C’è anche il sospetto che nella realtà sociale di Taiwan sussista resistenza agli antibiotici tanto da interessare gli ospedali con maggiori ricoveri.

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