In ufficio e nelle aziende col Green pass

Tamponi gratis, il no del governo alla proposta dei sindacati

Clausola di salvaguardia

Da metà ottobre al 31 dicembre, cioè a conclusione dello stato d’emergenza, nessuno degli oltre 4 milioni di dipendenti ancora senza Green pass potrà aver accesso in ufficio o in azienda.

Chi non lo esibirà, sarà costretto a tornare a casa, con tutte le conseguenze del caso. L’unica differenza tra pubblico e privato riguarda il momento in cui far scattare la sanzione.

Nel pubblico — dove si stimano 300 mila scoperti — verrà applicato il “modello scuola”: sospensione dal lavoro e dallo stipendio dopo cinque giorni di assenza per mancanza di certificazione verde. Nel privato, dove i numeri sono più alti — 3,7 milioni quelli non in regola, contro 11 milioni con certificato verde — la sospensione dovrebbe partire dal primo giorno. E sarà motivata con l’esigenza di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori: il principio costituzionale che giustifica la compressione del diritto al lavoro. Norma che, per evitare abusi, sarà accompagnata da una clausola di salvaguardia: la mancanza del Green Pass non potrà fornire il pretesto né per demansionare né per licenziare. Come nella scuola sono previste sanzioni amministrative da 400 a 1.000 euro per chi entra senza certificato.

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Resta da sciogliere il nodo tamponi che i sindacati vorrebbero rendere gratis per tutti i dipendenti. Contrario il Governo, salvo per i fragili esentati. Non è esclusa una soluzione di compromesso con un prezzo ancora più calmierato rispetto agli attuali 15 euro. A palazzo Chigi l’intenzione è comunque chiara: non far pesare sulle casse pubbliche il costo dei test.

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