Oggi ricorre il trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio con cui la mafia, il 19 luglio 1992 a Palermo, assassinò il giudice Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Emanuela Loi e Eddie Walter Cosina.
Ci fu un solo sopravvissuto, l’agente Antonio Vullo, che in quell’istante stava parcheggiando l’auto della scorta.
Una ricorrenza che, a distanza di trent’anni, è ancora viva nella mente di tanti cittadini e poliziotti ma soprattutto nei familiari delle vittime di quello che fu il secondo grande attacco frontale allo Stato.
Quel giorno, il giudice Borsellino si stava recando a casa della madre, in via D’Amelio a Palermo, quando l’esplosione di una Fiat 126 imbottita di tritolo lo investì insieme ai poliziotti di scorta.
La potenza dell’ordigno fu tale che decine di vetture e di palazzi furono distrutti e danneggiati.
L’attentato avvenne a 57 giorni di distanza da quello di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, amico e collega di Paolo Borsellino, sua moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.