GUIDONIA – “L’unico figlio è il figlio unico”, la compagnia Santeusebio riempie il Teatro Vittori

Alle due serate di beneficenza presenti anche il sindaco, generali e i genitori dei Gemelli di Guidonia

E’ stata un successo la riapertura al pubblico del teatro comunale “Dario Vittori” di Montecelio.

Sabato 6 domenica 7 maggio, doppio appuntamento con la compagnia teatrale Santeusebio di Tivoli che ha portato in scena “L’unico figlio è il figlio unico”, commedia in tre atti scritta e diretta da Ezio Cappa con ingresso ad offerta libera e l’incasso destinato all’acquisto di libri per la biblioteca comunale di Montecelio.

Le vicende della commedia “L’unico figlio è il figlio unico” si svolgono in una cittadina senza luogo e senza tempo. Circa trent’anni prima c’è stata una guerra, ha portato via un figlio a due anziani genitori che ancora ne aspettano il ritorno, sono riusciti a trasformare la perdita in una attesa, un paradosso che permette loro di sopravvivere nell’illusione e che genera l’invidia della vicina, che invece la guerra ha lasciato vedova a crescere tre figli.

Questa è la trama della vicenda, raccontata da Antonio Alfonsi, per far accedere i lettori al clima della piece. Gli attori di Santeusebio sono arrivati in teatro molto presto, sabato pomeriggio, ed hanno subito iniziato ad allestire la scenografia sotto l’occhio esperto del Direttore del “Vittori” Sergio Fedeli; lavoro, risate e allegria non hanno fatto percepire lo scorrere del tempo e così gli attori si sono ritrovati ancora indaffarati tra gli ospiti che stavano già prendendo posto.

Tra gli invitati alla serata, il sindaco di Guidonia Montecelio, Mauro Lombardo, il dirigente alla Cultura e ai Servizi sociali Aldo Cerroni, il Direttore del teatro “Imperiale” di Guidonia Anna Greggi, il colonnello Giuliano Chicarella (direttore della Casa dell’Aviatore in Roma) e signora Lorena.

Il presidente dell’associazione Santeusebio Tamara Giosi porta il saluto della compagnia e al grido di “viva viva Sant’Eusebio” si parte.

L’emozione è vinta alla prima battuta, la scena è calcata magistralmente da Fausto di Fausto (il padre) e Anna Esposito (la madre) arriva la vicina di casa Marisa di Michele, tutti e tre accompagnati dalle note magiche del Maestro Lorenzo Mariani; “partono” i primi timidi ma sinceri applausi … poi la malìa del teatro, animata dalle sapienti scenografie di Patrizia Ricci fa apparire sulla scena un figlio-soldato tanto atteso e mai dimenticato.

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È Federico di Fausto, esordiente e mascotte della compagnia che si cala nel ruolo come un attore consumato. Il ritmo incalza, entrano tre zie (Fausto di Fausto, Anna Esposito, Alberto Ventura) che hanno smarrito la via, pensano di essere gli spettatori di una ”commedia del silenzio” dove gli spettatori diventano attori e gli attori spettatori.

I due ruoli si confondono, mentre le tre sprovvedute spettatrici interpretano labiali invisibili, scherzano, scatenando l’ilarità dei presenti di fronte a un così imprevedibile siparietto comico. Ma poi tutto torna alla dolorosa vicenda del giovane disperso assente da trent’anni e da trent’anni atteso, invano, dai due genitori.

Tornano i protagonisti, trascinano, commuovono e … così la commedia scivola via, ha il suo epilogo in una situazione pirandelliana in cui follia e lucidità si mescolano. Il giovane sarebbe ritornato a casa ma i due genitori si rifiutano di accettare l’epilogo della loro attesa e forse il ragazzo, ormai quasi sessantenne si toglie la vita.

A nulla valgono le disperate parole della vicina di casa che non riesce a far ragionare i due anziani, indifferenti e stavolta addirittura convinti di un imminente ritorno per il quale organizzano addirittura una festa. Ma improvvisamente è la stessa vicina che viene coinvolta nella paradossale vicenda: arriva una telefonata con la quale il marito annuncia il suo arrivo in aeroporto … in un finale misterioso e diabolicamente costruito, si aggiunge, quasi a piece finita, l’apparizione di una indimenticabile Nicoletta Orsomando (Marisa di Michele) che finalmente annuncia quella che forse è l’unica cosa vera: i tre personaggi sono pazzi fuggiti dal manicomio, ma ora riacciuffati e assicurati alle sbarre di una camera di sicurezza … ed allora gli applausi arrivano copiosi e fragorosi in risposta ad una tensione drammatica che aveva gelato il sangue nelle vene.

“Con un esordio così lo spettacolo della domenica andrà liscio come l’olio”, pensano attori e regista.

Domenica 7 maggio, il teatro è di nuovo pieno fin dove possibile, presente anche il presidente onorario dell’associazione, Generale Luca Goretti , Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare con al suo fianco il Generale di Brigata Francesco Acciarino e signora Rosaria, genitori dei Gemelli di Guidonia, i signori Piacentini (di Italiana assicurazioni, sponsor della Santeusebio) e Franco Meschini (della compagnia teatrale tiburtina Hdemia), con un simile parterre sale qualche lecito brivido da palcoscenico “qua si mette male” pensano gli attori.

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Dopo il saluto del presidente, il sipario si apre e Fausto, Anna, Marisa e Federico che incantano anche la seconda sera, movimenti da attori provetti, le battute recitate nei tempi perfetti, fanno sì che le emozioni descritte da Ezio Cappa diventino reali, arrivando dritte al cuore del pubblico che le fa proprie, regalando applausi fragorosi.

Subito dopo l’inizio del secondo atto succede l’imponderabile irrompe sulla scena una signora intenta nelle pulizie di casa, è la figlia della vicina di casa che un tempo fu promessa sposa del soldato disperso, entra anche uno stravagante Ispettore di Polizia Coloniale formatosi a Tripoli; sono Silvia Petrilli e Antonio Alfonsi che regalano 30 minuti di risate, durante una intervista investigativa in cui la fanno da padrone le moine e la beltà dell’una, l’ingenuità e la goffaggine dell’altro.

La commedia termina con le notizie della cara Orsomando, con Federico che saluta i suoi genitori a modo suo (mandandoli a quel paese) e con gli attori che coinvolgono la platea in una sarabanda tra le file delle poltrone, scendendo tutti dal palco a ritmo de “Ù Sordate ‘nnammurate”.

Il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Generale Luca Goretti, saluta il pubblico e gli attori tutti; testimonia la sua solidarietà salendo sul palco, usando parole di plauso e gratitudine per la bella iniziativa e il gradevolissimo spettacolo, non ha perso neanche una battuta, il che inorgoglisce gli attori, meravigliati dalle parole sincere proferite dal loro Presidente Onorario mentre accettano con grandissimo onore l’omaggio loro riservato, il crest del centenario della gloriosa Arma dell’Aeronautica Militare.

Finisce come la sera precedente: applausi, grasse risate e vigorose strette di mano, forti abbracci … missione compiuta!

Il ricavato delle serate aiuterà Sergio Fedeli a creare una biblioteca in Teatro nel nome della cultura e della solidarietà … e quello che resta nel foyer e all’esterno del teatro è solo amore, per le persone, per la vita, per chi ne vuole.

Viva sant’Eusebio!

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