Vendita Bar Vittoria e Bar Garden, Stasio e De Cristofano si incatenano davanti a piazzale Clodio

La mattina di martedì 30 marzo la protesta estrema per far luce sulla situazione partita dal sequestro delle attività nell’ambito dell’operazione Babylonia

Un gesto estremo per accendere un faro su una vicenda che mette a rischio i risparmi di una vita e il lavoro degli ultimi anni. Da stamattina, martedì 30 marzo, Michele De Cristofano e Daniele Stasio si sono incatenati davanti piazzale Clodio sede del Tribunale di Roma. Le loro attività – ossia il Bar Vittoria di Monterotondo e il Bar Garden di Settebagni – furono oggetto di sequestro tre anni fa nell’ambito dell’operazione Babylonia e in questi giorni stanno passando di mano ad altri privati contro la loro volontà. Un’operazione, questa come le altre successive ai sequestri, gestita prima dal Tribunale di Roma e poi dagli amministratori giudiziari delegati.

Per questo motivo hanno già presentato varie denunce alla Procura della Repubblica, ma intanto le cose sembrano andare avanti.

 

IL SEQUESTRO DEL BAR VITTORIA

Il filone in cui rientra la vicenda del Bar Vittoria riguarda l’organizzazione criminale capeggiata da Giuseppe Cellamare, legata al gruppo Vitagliano attraverso l’imprenditore Andrea Scanzani, risultata particolarmente attiva nella commissione di gravi delitti contro il patrimonio, realizzati a Monterotondo, tra i quali estorsioni ed usure realizzate con il metodo mafioso, e nel successivo impiego dei proventi illeciti in bar e sale giochi, fraudolentemente intestati a prestanome.

Secondo l’accusa quest’organizzazione aveva costretto il titolare Alberto Di Carmine, in difficoltà economiche, a vendere il Bar Vittoria a Michele De Cristofano ritenuto un prestanome. Secondo l’accusa “il prezzo era di gran lunga inferiore al valore di mercato determinando un danno patrimoniale di rilevante gravità allo stesso e un considerevole vantaggio economico e commerciale agli autori del fatto”.

Sempre secondo l’accusa, l’importo fissato in 2.850.000 euro era stato garantito con il trasferimento di garanzie reali costituite da dieci immobili della Seaf Costruzioni riconducibile ad Andrea Scanzani per un valore di un milione e mezzo di euro mai avvenuto; complessivi 1.350.000 euro consegnati da Michele De Cristofaro mediante soldi contanti e titoli.

Così il Tribunale di Roma ha disposto il sequestro di quote e patrimonio del Vittoria Palace srl l’11 ottobre del 2017 e la rivendita di tabacchi numero nove il 13 febbraio del 2018. Due decreti diventati poi confische, che sono stati impugnati e che prossimamente verranno discussi in Appello.

In quest’ultimo periodo il bar era stato in amministrazione controllata e recentemente è stato chiuso.

 

LE SENTENZE DI APPELLO: ASSOLTO MICHELE DE CRISTOFANO

Dopo le condanne di primo grado, che ricalcavano sostanzialmente le tesi accusatorie della Procura, il 15 ottobre del 2020 la Corte di Appello di Roma ha ridimensionato il primo filone dell’inchiesta Babylonia facendo cadere l’accusa di associazione a delinquere e riducendo a quattro anni quella per l’imprenditore Andrea Scanzani.

Assolto perché il fatto non sussiste Michele De Cristofano, il 45enne compagno della titolare della società che gestisce il Bar Vittoria.

MICHELE DE CRISTOFANO: “MI HANNO DIPINTO COME UN PRESTANOME, MA IO GESTISCO LOCALI DA UNA VITA”

Michele De Cristofano, originario di Piedimonte Matese trapiantato a Roma da 34 anni, non ci sta a vedersi sfilare sotto il naso quello che viene considerato il bar più bello e anche più remunerativo di Monterotondo e dintorni.

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“Dopo il processo e l’assoluzione pensavo piano piano di riprendermi ciò che era mio, invece stanno succedendo troppe cose strane – spiega l’imprenditore – Mi hanno dipinto come un prestanome, ma io gestisco bar e locali da una vita. Ho preso un’attività con mille problemi, ho fatto moltissimi investimenti e avevo ventisette dipendenti. Alla fine del processo sono stato assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste. Ho dimostrato in processo e lui lo ha confermato, di aver pagato fino all’ultimo centesimo l’attività ad Alberto Di Carmine e sua sorella versando ogni mese 20 mila euro che erano parte dei proventi della tabaccheria e quindi già tassati. Adesso scopriamo che l’amministratore giudiziario sta vendendo le nostre attività, ma questa cosa non mi risulta fattibile. L’unica eccezione sarebbe infatti se si trattasse di beni deperibili, come ad esempio quando sequestrano della frutta e verdura. Invece qui prima di una pronuncia di Appello stanno vendendo le attività aziendali tra cui quelle riguardanti la vendita di generi di Monopolio. Mi sembra assurdo che tali attività possano essere cedute in forma diretta, senza una stima e senza un bando a una società di capitali privati peraltro con predominio straniero, invece dell’ente preposto che è l’Agenzia dei beni confiscati. Per questo motivo abbiamo chiesto un intervento di salvaguardia dei beni per preservarli fino alla pronuncia definitiva in materia per scongiurare il verificarsi di danni potenzialmente irreparabili”.

IL BAR PASSA PER CIPRO E FINISCE IN ALTRE MANI

Perché la titolare del Bar Vittoria ha presentato un esposto in Procura? Cosa sta accadendo in questi giorni? L’azienda che gestiva il bar è stata oggetto di confisca sul presupposto essenziale dell’ipotesi di concorso nei fatti estorsivi da parte di Michele De Cristofano. Dopo la sua assoluzione, la sua compagna, proprietaria delle società, stava aspettando che la Corte di Appello di Roma specializzata in misure di prevenzione valutasse tutti gli sviluppi del caso.

Nei giorni scorsi, invece, è arrivato il colpo di scena. Le società vengono vendute, compresa l’attività aziendale di vendita di generi di Monopolio. Proprietaria delle attività è la società “Ristrutturazioni industriali riunite spa” con capitale sociale di 100 mila euro, costituita il 9 dicembre 2020, due giorni dopo il deposito di decreto di confisca di primo grado. La proprietà è per il 20% di Giovanni Curti (amministratore delegato) e per l’80% della Nio Job Capital Invest Ltd, una società inglese a giurisdizione cipriota.

Il 16 febbraio l’ultimo capitolo prima dell’esposto. Spunta fuori l’accettazione di una proposta di acquisto di un imprenditore di Mentana che compra per un milione di euro un ramo d’azienda della società Vittoria Palace e la tabaccheria dalla Ristrutturazioni Industriali Riunite spa. In un documento si legge l’accordo che prevede un anticipo di 200 mila euro e il restante importo rateizzato nel tempo.

 

STESSA SORTE PER IL BAR GARDEN

Daniele Stasio appartiene a una conosciutissima famiglia mentanese e si è trovato coinvolto nella vicenda dei sequestri dopo l’operazione Babylonia. Gestiva il “Bar Garden” a Settebagni sulla Salaria, poco prima del Raccordo Anulare, un bar tabacchi con sala slot e sedici dipendenti assunti full time.

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Secondo l’accusa era un prestanome di Andrea Scanzani che aveva comprato l’attività nel 2014 per poi cederne il cinquanta per cento a lui, ossia alla società Dea Gest srl di cui è proprietario e legale rappresentante. Una tesi che Daniele Stasio ha cercato di smontare con il suo legale al momento della confisca arrivata a sentenza di primo grado a dicembre del 2020 e che prossimamente vedrà l’apertura del processo di Appello. Fatto sta che dopo l’operazione Babylonia, avvenuta nel 2017, ha perso tutto.

“Tutti sanno che siamo una famiglia di lavoratori e invece mi provano a dipingere come un prestanome – spiega Stasio – Come ho spiegato anche al giudice, l’attività l’ho rilevata anche grazie a un prestito che ha avuto mio padre e nel bar ci lavoravano la mia compagna, mio fratello e mia madre che per venire si è licenziata dal posto di lavoro a tempo indeterminato che aveva. Mi sono ritrovato in una situazione assurda, senza aver mai ricevuto un avviso di garanzia a rischiare di perdere il bar in cui avevo investito tutti i risparmi di una vita”.

Va precisato che Daniele Stasio non è minimamente implicato nella vicenda Babylonia ed è “terzo intestatario” rispetto alla vicenda. Cioè ha subito la confisca del bene, perché secondo la Procura – confermato dal Tribunale di Roma in primo grado – il suo bar era in realtà nella disponibilità di Scanzani. Oltre ad aver presentato ricorso in Appello lo scorso dicembre, in questi giorni ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica perché ha scoperto in maniera quantomeno singolare che il suo bar sarebbe stato venduto.

“Sono fortunato perché ho tanti amici e tante persone che mi conoscono – spiega – Giorni fa mi sono ritrovato nella cassetta delle lettere, messa da non so chi, una lettera con l’accettazione di una proposta di acquisto tra una società e un imprenditore del posto. Mi chiedo come sia possibile, visto che prima della sentenza di Appello non è ammesso. Mi chiedo anche se è normale che la società che gestiva il bar sia passata per una società che è per l’80% inglese/cipriota e che ora venga venduta per la cifra di un milione di euro senza che io ne fossi a conoscenza. Mi dicono che ci siano movimenti in corso e che stiano facendo lavori di ristrutturazione al mio bar. Com’è possibile? Ho presentato un esposto in Procura per vederci chiaro e per cercare di bloccare tutto. Confido che siano fatte rapide indagini e piena luce sulla vicenda, poi se arrivano dei giudici che mi dicono che è tutto regolare alzo le mani e accetto quello che sta succedendo. Chiedo solo un po’ di trasparenza e di poter capire cosa sta succedendo al mio bar”.

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