PALOMBARA SABINA – Neonato morto in ospedale, l’ostetrica: “Rooming-in solo se la mamma sta bene”

Ilaria Tanoni di Tivoli spiega i benefici di avere il neonato in stanza. “Serve la presenza dei papà, ma non li fanno entrare”

Ilaria Tanoni è un’ostetrica del “Centro Imago” di Tivoli, molto nota sul territorio per assistere le mamme nel parto naturale in casa (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO), una scelta adottata da tante donne soprattutto durante la pandemia.

Sulla tragedia avvenuta all’ospedale “Sandro Pertini” di RomaCLICCA E LEGGI L’ARTICOLO – sarà la Procura di Roma a fare chiarezza, ma tali tragedie obbligano a porci delle domande per risolvere problemi che in casi simili si rendono ancora più evidenti ai nostri occhi.

Dottoressa Tanoni, dopo il caso del neonato di Palombara Sabina morto al “Pertini”, in questi giorni si sta parlando tanto di rooming-in: in cosa consiste e come funziona?

Il rooming in è un modello di assistenza promosso da OMS e UNICEF che prevede la possibilità per la mamma di tenere nella propria stanza il bambino dopo il parto, giorno e notte, senza limiti di orario.

Il rooming in ha molti benefici sia per la madre che per il bambino: facilita l’istaurarsi della relazione madre-figlio, rafforza le capacità della mamma nell’accudire il piccolo, aiuta l’adattamento del bambino alla nuova vita fuori dall’utero, riduce il pianto e lo stress del neonato, facilita l’avvio dell’allattamento.

È obbligatorio o si puó scegliere?

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Il rooming in è una pratica che viene offerta alle donne, in Italia non è obbligatorio. La donna dovrebbe avere sempre la possibilità di affidare il piccolo alle cure del personale ospedaliero nel caso in cui non fosse in grado di occuparsi del suo bambino.

Ci sono delle condicio sine qua non per poterlo attivare?

Negli ospedali che lo prevedono, il rooming in è la pratica di routine quando mamma e bambino sono in salute e non necessitano di cure speciali. Sicuramente il presupposto per praticarlo è che la mamma sia fisicamente ed emotivamente pronta ad occuparsi da sola del proprio piccolo.

Lei è un’ostetrica e si occupa di maternitá sia prima che dopo il parto: qual è l’esperienza di degenza post parto che le donne le raccontano?

Il racconto che mi fanno le donne rispetto alla degenza è quasi sempre la necessità di tornare a casa il prima possibile, per ritrovare le comodità di casa ma soprattutto per poter ricevere un aiuto nell’accudimento del bambino.

Secondo lei, quali sono le maggiori criticità che una donna si trova a dover affrontare post-parto al livello di degenza ospedaliera?

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Una donna che ha appena partorito ha bisogno di essere accudita tanto quanto un neonato. Purtroppo, dopo il parto le donne restano sole per la maggior parte del tempo, non riescono a riposare adeguatamente e a riprendersi dagli sforzi del parto, molte hanno difficoltà a muoversi autonomamente perché si sentono deboli o per via del dolore, come nel caso di donne che partoriscono tramite taglio cesareo. In più faticano all’avvio dell’allattamento e a stare dietro ai bisogni del neonato.

Quali potrebbero essere delle soluzioni pratiche ed attuabili per poter migliorare la situazione sia dal punto di vista della mamma che del bambino?

Una soluzione potrebbe essere aumentare il personale ostetrico e infermieristico nei reparti, ma purtroppo temo che sarà difficilmente realizzabile.

Mentre potrebbe essere più facile e quasi a costo zero riorganizzare le stanze di degenza in modo da assicurare la presenza di una persona, preferibilmente il papà, che possa stare in stanza con la donna e il bambino h24, o comunque per diverse ore di giorno e di notte.

In alcuni ospedali romani è già possibile avere il papà in stanza, ma purtroppo quasi sempre solo in regime di solvenza.

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