TIVOLI – Picchia e violenta la moglie davanti al figlioletto, 10 anni di galera

Sentenza esemplare del Tribunale, pena più alta di quanto richiesto dalla Procura

La spirale di violenza era iniziata con umiliazioni e offese ed è culminata con percosse e abusi sessuali.

Avveniva tutto tra le pareti domestiche, sempre sotto gli occhi del loro figlio piccolo. Ed è andata avanti così per anni fino a quando la donna ha vinto il muro della vergogna e della paura e ha finalmente denunciato.

Così ieri, mercoledì 15 febbraio, per il marito e padre orco è arrivata una sentenza esemplare. Il Tribunale di Tivoli ha condannato l’imputato a dieci anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia, percosse, lesioni personali e violenza sessuale nei confronti della moglie.

Il collegio presieduto da Nicola Di Grazia – a latere i giudici Sergio Umbriano e Matteo Petrolati – sono andati anche oltre la richiesta del pubblico ministero Luigi Pacifici che aveva proposto una pena a 9 anni.

L’orco era Ideal C., 37enne albanese, manovale, trapiantato tra Fonte Nuova e Mentana nel 2015, dove era arrivato insieme alla moglie col sogno di un futuro migliore.

L’uomo, attualmente ai domiciliari a Pavia col braccialetto elettronico presso un parente, era stato arrestato il 26 dicembre 2021 dai carabinieri di Mentana intervenuti su richiesta della moglie, una connazionale di 35 anni, che oggi vive in una casa rifugio insieme al loro figlio di appena 5 anni.

Quella sera all’arrivo presso l’abitazione della coppia i militari trovarono la donna rinchiusa in bagno, il viso segnato da botte e lacrime, il bambino sotto choc per l’ennesima sfuriata del padre che aveva messo la casa a soqquadro col solito banale pretesto lanciando sedie e tavolo.

Quella notte per Irina (il nome è di fantasia, ndr) fu diversa, perché per la prima volta si fece medicare le ferite e le contusioni multiple al volto presso il pronto soccorso dell’ospedale “Santissimo Gonfalone” di Monterotondo e denunciò il marito violento.

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Così riempì pagine e pagine di verbali, raccontando di come all’inizio lei stessa percepisse “normale routine” i comportamenti maltrattanti del compagno.

Invece tutti quei “sei brutta”, “non vali niente”, quei “non sai pulire casa” e “non sai fare la spesa”, tutti quei “non sei una buona madre e una buona moglie” conditi da turpiloqui e minacce di essere rimandata in Albania avevano finito per annullarla e per sottostare alle angherie di Ideal e assecondarlo per evitare botte e terrore.

La donna, costituitasi parte civile nel processo con rito immediato attraverso l’avvocata Gemma De Filippo, inserita dalla Procura di Tivoli in un percorso di fuoriuscita dalla violenza, ha trovato la forza di raccontare tutto anche davanti ai giudici ammettendo di aver raggiunto la consapevolezza della sua condizione di vittima nel 2018, quando il suo bimbo aveva un anno.

Lo ha fatto con l’aula a porte chiuse e un paravento davanti per non incrociare lo sguardo dell’oramai ex marito, come richiesto dal suo legale.

In Tribunale Irina ha raccontato anni di violenze morali e fisiche, anche durante la gravidanza, di botte e umiliazioni, di minacce col coltello alla gola durante un litigio, di rapporti sessuali contro la sua volontà davanti al figlioletto, costretta a soddisfare i desideri dell’uomo che l’afferrava al collo e le copriva la faccia con un cuscino, in caso di rifiuto.

La donna ha riferito inoltre che atteggiamenti aggressivi e violenti erano aumentati nel 2020 durante la pandemia, quando l’Italia intera fu costretta a restare in casa.

E poi la paura di denunciare, acuita dalle possibili conseguenze derivanti dalla mancanza del permesso di soggiorno e dallo status di clandestina in Italia.

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Decisivo per il verdetto è stato l’interrogatorio dell’imputato, precedenti per rissa, tenutosi il 17 novembre 2022.

Davanti al Collegio presieduto da Nicola Di Grazia Ideal C. ha sminuito e giustificato i propri comportamenti.

Ha sminuito il controllo esercitato sul cellulare della moglie e sulle amicizie della donna.

Ha sminuito la “paghetta” di 20 euro al giorno, il costringerla a stare in casa e a vietarle di uscire anche per fare la spesa.

Ha giustificato le sue reazioni violente se la donna utilizzava gli auricolari. Ma soprattutto non si è posto il problema se Irina fosse o meno consenziente ai rapporti sessuali pretesi.

Il Tribunale di Tivoli ha disposto nei confronti del 37enne albanese l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di diecimila euro a favore della moglie e del figlioletto, oltre alle spese legali sostenute per il processo.

Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate tra 45 giorni.

Una sentenza esemplare – commenta l’avvocata di parte civile Gemma De Filippo, nota legale impegnata nella lotta alla violenza sulla donnaSi arriva al riconoscimento della colpevolezza dell’imputato quando forze dell’ordine formate inquadrano la vicenda e permettono ai magistrati di svolgere indagini in maniera orientata.

In questo caso i carabinieri della stazione di Mentana e la Procura di Tivoli hanno svolto un lavoro encomiabile. In particolare, i militari dell’Arma intervenuti la sera del 26 dicembre 2021 redassero un verbale di intervento ineccepibile e decisivo ai fini investigativi.

Fu annotata la casa a soqquadro, furono descritti minuziosamente i lividi riscontrati sul volto, fu descritto in maniera puntuale l’atteggiamento dell’imputato che anche davanti all’evidenza tentata di sminuire i fatti.

Giustizia è fatta”.

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