TIVOLI – Riapre Rocca Pia, esplode l’orgoglio tiburtino

Boom di visitatori: un percorso tra storia e curiosità

Stiamo sopra alle torri!”. E via libera alle battute e agli scatti, dalle torri sulla città, per rilanciare sui social. Rocca Pia è tornata ai tiburtini. Un altro tesoro restituito. Da fortezza papale, carcere a museo. Era il tallone di Achille della Città dell’Arte quella enorme fortezza chiusa, quel monolite abbandonato.

La Rocca voluta nel 1461 da Pio II Piccolomini, il Papa umanista, è tornata visitabile per tre giorni a settimana, dal venerdì alla domenica, e (almeno nelle prime settimane inaugurali) a ingresso gratuito. E con una novità: i percorsi museali. Quello dedicato al periodo napoleonico, quello a Ignazio da Layola e alla nascita della compagnia dei gesuiti, e infine quello riservato ai costumi storici dei magistrati tiburtini e  alla mazza e all’ombrellino che il Papa Pio VI regalò alla città come onorificenza.

I primi a prendere d’assalto Rocca Pia sono stati i tiburtini facendo registrare ingressi da record. Anche il sindaco, arrivato in solitaria, ha fatto il suo giro tra piani e torri.

Tibur Superbum

Se Tibur è Superbum (come la definì Virgilio) Rocca Pia ne è l’emblema. Da piazza Garibaldi basta voltarsi verso “lo Stallone” per entrare nella storia. Lì c’è il vicolo del Barchetto (dal nome del parco voluto là dal Cardinale Ippolito d’Este per le sue battute di caccia). Il vicolo stretto e lungo, a sinistra è costeggiato dall’anfiteatro di Bleso, di età imperiale, pare voluto proprio dall’imperatore Adriano che più in basso aveva fatto costruire la sua reggia; e sulla destra dallo Stallone ossia dalle Scuderie Estensi, fatte costruire dal cardinale come rimessaggio dei cavalli (ne potevano ospitare fino a cento). Vicolo del Barchetto in pochi passi porta alla fortezza finora inesplorabile. Ti accoglie col profumo di gelsomini, piazza Garibaldi sembra già lontana.

LEGGI ANCHE  TIVOLI - “Il compagno maltratta me e i miei 4 figli”, ma non era vero: assolto

E’ un tuffo nella storia, assai più antica della stessa Rocca. Lo spiazzo nasconde una necropoli databile tra il IX e il VI secolo avanti Cristo. E poi c’è l’anfiteatro detto di Bleso, che fino al 1948 si riteneva fosse stato perduto, invece era solo stato decapitato solo sopra al piano di spiccato di Rocca Pia per evitare che le sue mura potessero offrire riparo a possibili assalitori.

Maria Antonietta Tomei, consigliera del sindaco per i musei, tiburtina da generazioni e ex direttrice dei Foro Romano-Palatino, ritiene che Rocca Pia (passato dal demanio al Comune di Tivoli nel 2018) e l’Anfiteatro di Bleso costituiscano un complesso monumentale strettamente connesso da visitare in un itinerario unico. E che col Museo Civico Macera nell’appena acquisito Palazzo in via della Carità potrebbero formare un unico circuito. Un altro degno della città assieme a quello proposto dall’istituto Villae con Villa d’Este, Villa Adriana, il Santuario di Ercole Vincitore, la Mensa Ponderaria e il Mausoleo dei Plautii.

LEGGI ANCHE  TIVOLI - Raduno Interregionale dell'Arma, oggi le scuole protagoniste

Fortezza e “villa”

Rocca Pia è un complesso costituito da quattro torri di diverse dimensioni raccordate da alti muraglioni e chiuse da merli guelfi. Qui un tempo i papi venivano a trascorrere le vacanze.

Nel settembre 1539 durante un soggiorno estivo Papa Paolo III Farnese (che per sfuggire al clima torrido della capitale aveva deciso di “portarsi a respirare le aure fresche e temperate delle Colline di Tivoli”) qui approvò verbalmente il progetto della Regola della Compagnia di Gesù di Ignazio da Layola, futuro Santo, e presentata per suo conto dal cardinale Gasparo Contarini. A raccontarlo, nel percorso museale ricco di curiosità, la storica tiburtina Maria Luisa Angrisani, ex docente di lingua e letteratura latina all’università La Sapienza.

 

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.