TIVOLI - Divieto di transito ai tir, Comune condannato a risarcire il commerciante

Il titolare di un’attività di via Casal Bellini si era opposto alle ordinanze: pagano i contribuenti

Tiene banco da 5 mesi, ma ora sembra finalmente terminato.

Oggi, giovedì 9 maggio, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha messo la parola fine al caso del divieto di transito per gli autocarri di massa a pieno carico superiore alle 3,5 tonnellate istituito dal Comune di Tivoli in via Casal Bellini.

Con la sentenza numero 9130 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – i giudici amministrativi hanno dichiarato la cessazione della materia del contendere, in relazione al ricorso principale, e la sopravvenuta carenza d’interesse, in riferimento al ricorso per motivi aggiunti presentati dalla “Gemma Market Srl”, la società che gestisce l’unico esercizio di vendita di generi alimentari della frazione alla periferia di Tivoli.

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Il Tar ha preso atto che lo scorso 5 aprile l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giuseppe Proietti ha modificato l’iniziale divieto di transito, concedendo una deroga al divieto di transito ai veicoli di massa a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate nella fascia oraria compresa tra le 9,30 e le 11,30 del mattino, ad eccezione dei giorni festivi e a condizione di non arrecare grave intralcio alla circolazione (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

La deroga fa seguito alla nota trasmessa il 24 aprile scorso dall’avvocato Fabiano Forria, legale di fiducia della “Gemma Market Srl” che aveva presentato ricorso al TAR per far annullare prima l’ordinanza numero 14 – CLICCA E LEGGI L’ORDINANZA - firmata il 15 gennaio scorso, quindi l’Ordinanza numero 134 –CLICCA E LEGGI L’ORDINANZA– del 5 aprile scorso.

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I giudici hanno condannato il Comune di Tivoli al pagamento delle spese di lite, pari a 1.500 euro oltre iva, cpa e contributo unificato come per legge.

Il Tar ha applicato il principio della cosiddetta “soccombenza virtuale” in quanto ha evidenziato il difetto d’istruttoria nell’ordinanza del 15 gennaio e la mancata valutazione di una possibilità di deroga oraria, per quanto attiene l’ordinanza del 5 aprile.

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