Visti d’ingresso “facili” agli extracomunitari: 5 arresti per corruzione

Blitz della Guardia di Finanza: in manette anche due dipendenti del Ministero degli Affari Esteri

Davanti ai soldi e ai regali non storcevano il naso, qualcuno accettava anche viaggi in aereo, qualcun altro pianificava investimenti immobiliari negli Emirati Arabi Uniti.

In cambio facilitava il rilascio dei visti extracomunitari “raccomandati”.

Per questo stamane, mercoledì 19 febbraio, i finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale nei confronti di 5 persone, di cui 2 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, per le ipotesi di reato di corruzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

 
 

Il provvedimento cautelare, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, arriva al termine di un’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica capitolina e condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma.

Secondo un comunicato stampa del Comando Provinciale di Roma, i militari delle Fiamme Gialle hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati, tra cui 2 cittadini italiani, dipendenti del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, impiegati presso l’ufficio “visti” di un’Ambasciata italiana all’estero.

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Deus ex machina del sistema illecito sarebbe un imprenditore extracomunitario residente a Roma, che avrebbe fatto da regista di un imponente traffico illegale di ingressi in Italia, sfruttando le opportunità fornite dal cosiddetto “decreto flussi”.

In particolare i due dipendenti del Ministero degli Affari Esteri, indagati per corruzione e finiti agli arresti domiciliari, avrebbero accettato utilità di vario tipo in cambio della loro agevolazione prestata per la gestione delle pratiche relative al rilascio dei visti in favore di soggetti extracomunitari “segnalati” dagli altri indagati: denaro, dispositivi elettronici, orologi di pregio, viaggi aerei, investimenti immobiliari negli Emirati Arabi Uniti, i due impiegati infedeli avrebbero accettato di tutto.

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La Guardia di Finanza ha scoperto che per ottenere il visto gli indagati avrebbero reperito titolari formali di società italiane i quali, dietro compenso, si sarebbero prestati ad assumere fittiziamente gli extracomunitari al solo fine di fornire la documentazione necessaria a presentare l’istanza telematica finalizzata al rilascio del nulla osta per l’ingresso in Italia.

Bastava pagare e oliare il sistema per arrivare nel Belpaese.

Tra l’altro, gli extracomunitari già in Italia chiedevano ai loro connazionali da regolarizzare ingenti somme di denaro, in parte in misura “fissa” e in parte in proporzione ai futuri guadagni lavorativi dagli stessi ottenuti nel nostro Paese.

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