Abusa della figlia e della nipote insospettabile artigiano tiburtino smascherato dall’ex compagna

tirato su per custodire quel terribile segreto condiviso col papà ormai separato dalla mamma. Il coraggio di raccontare gli orrori del genitore, Michela, lo ha trovato anche durante le audizioni protette con le psicologhe del Centro antiviolenza “Le Lune” di Colle Fiorito di Guidonia con una testimonianza ritenuta attendibile dagli esperti del Tribunale.
Così lunedì 21 gennaio per Aldo (il nome è di fantasia come quello della bambina), un artigiano di 42 anni residente a Tivoli, si sono aperte le porte del carcere di Rebibbia. Le accuse formulate nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal Giudice per le indagini preliminari Alfredo Maria Bonagura, sono le peggiori: dai maltrattamenti in famiglia e minacce, alla detenzione di materiale pedopornografico e violenza sessuale su minori.
Fatti accertati dal pool specializzato in difesa di donne e minori abusati del commissariato di Tivoli diretto da Giancarlo Sant’Elia, che in dieci mesi d’indagine coordinate dal pubblico ministero Gabriella Fazi ha messo insieme i pezzi di una storiaccia consumata tra le mura di un’abitazione del centro cittadino all’insaputa della mamma. Era stata proprio la donna, una 44enne tiburtina, l’8 marzo 2012 a formalizzare una denuncia pesantissima nei confronti dell’ex compagno dal quale si era separata a luglio dell’anno prima. Pagine e pagine messe nero su bianco presso il Centro “Le Lune” davanti agli investigatori da parte della 44enne e della sorella.
Entrambe agli agenti avevano riferito di presunti abusi sessuali sulle rispettive figlie, Michela e Sabrina, due bimbe che oggi hanno nove anni, e che il 26 giugno scorso in sede di incidente probatorio hanno confermato per filo e per segno davanti allo stesso Gip Bonagura i racconti delle rispettive mamme.
La nipotina Sabrina ha ricordato delle due volte in cui lo zio Aldo si sarebbe calato i pantaloni davanti a lei “toccandola” e facendosi “toccare”, nel 2011 e nell’estate del 2010 durante una vacanza al mare sul litorale laziale. Insomma, atti osceni e “attenzioni particolari”, diversamente da quanto subito dalla figlioletta.
La piccola Michela ha rivelato infatti tutte le volte che era stata penetrata dal padre durante gli incontri settimanali stabiliti dopo la divisione dalla compagna e forse anche prima. A supporto delle sue dichiarazioni ci sono le perizie psicologiche, ma soprattutto i dieci accessi al pronto soccorso di Tivoli registrati negli ultimi due anni per presunti dolori addominali e secrezioni vaginali, ogni volta accompagnata dalla mamma ignara. C’è poi un disegno che ritrae il papà orco mentre la penetra, realizzato davanti alle psicologhe e agli investigatori del pool antiviolenza.
Fatti aberranti, ascoltati col cuore in gola, per i quali il Tribunale dei Minorenni di Roma il 10 marzo 2012 aveva disposto il ricovero della bambina in una struttura protetta e che il 13 novembre scorso ha sospeso la patria potestà sui figli minori disponendo anche l’allontanamento dell’uomo dai luoghi abitualmente frequentati dal nucleo familiare.
Durante l’interrogatorio di garanzia tenutosi mercoledì 23 a Rebibbia, il 42enne ha negato ogni accusa.

Condividi l'articolo:
LEGGI ANCHE  Troppi suicidi, i detenuti a Rebibbia rinunciano al Sopravvitto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.