VIDEO Ponte di Nona come Gomorra, dieci arresti e un giro d’affari da 15mila euro al giorno

 

Indagini iniziate a dicembre 2013: spari contro la porta di un pusher
Stazione di Roma Settecamini ed iniziata il 7 dicembre 2013 a seguito dell’esplosione, a Ponte di Nona, di quattro colpi d’arma da fuoco contro la porta dell’appartamento di uno degli arrestati, F. V., 34 anni. Successive indagini hanno permesso di accertare che l’episodio rientrava in un contesto di contrasti legati al controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti.

 

In una cassaforte il registro dello spaccio
Nel gennaio 2014 i carabinieri hanno portato avanti numerose perquisizioni domiciliari nei confronti dei soggetti individuati come quelli coinvolti nelle attività di spaccio. Durante uno dei blitz all’interno di una cassaforte è stata scoperta, oltre al denaro e a quantitativi di droga, diversi documenti contenenti la contabilità dei proventi dell’attività di spaccio. Il meticoloso lavoro degli investigatori ha quindi consentito di ricostruire numerosi episodi di vendita di stupefacente, compito reso ancora più difficile dal linguaggio in codice utilizzato per gestire l’attività di spaccio.

 

Il giovane boss e i sequestri

Secondo i militari, la banda veniva gestita da C. V., 22 anni e residente in zona, fratello minore del pusher che subì la sparatoria alla porta della sua abitazione del dicembre 2013. Nel corso delle numerose perquisizioni avvenute nell’arco del 2014 sono state sequestrate: 150 grammi di cocaina, 60 grammi di hashish e 20 di marijuana. Il giovane boss si ipotizza coordinasse la pizza di spaccio e l’approvvigionamento della sostanza stupefacente. Non è ancora stato individuarto il canale utilizzato dai giovani criminali, anche se non appare totalmente lontana l’ipotesi di un collegamento con i referenti di zona legati al boss D.P. di  “Camorra Capitale”. Vi era poi la cosiddetta “manovalanza” composta da numerosi giovani, tutti italiani, che si occupano dello spaccio al minuto e del servizio di vedetta per segnalare l’arrivo delle forze dell’ordine.

 

Il linguaggio in codice: i compiti descritti in un campo di calcio
calcio e le firme di numerosi degli indagati. Il documento, che rappresenta la prova del patto criminale, ha orientato l’attenzione degli investigatori su alcuni termini calcistici utilizzati nel corso delle conversazioni ma spesso apparentemente privi di significato. I termini criptici prendono spesso spunto dal gioco del calcio. “Il campo” ad esempio indica la piazza di spaccio, “i fari del campo” sono le vedette ed i “tornei” indicano i turni degli spacciatori. Il grave quadro indiziario raccolto a carico degli indagati ha permesso di ricostruire la struttura dell’organizzazione ed identificare i ruoli ricoperti dai singoli componenti.


Incensurati ingaggiati per nascondere la droga in casa
Altro elemento emerso nel corso delle indagini e l’impiego, in cambio di lauti compensi, di persone incensurate che avevano il compito di fare la cosiddetta “retta” ossia custodire all’interno delle loro abitazioni lo stupefacente al fine di impedire che lo stesso potesse essere sequestrato nel corso di perquisizioni. Ora sono indagati per favoreggiamento del’attività criminale.

 

Madre di famiglia costretta a lasciare la casa popolare
metodi estorsivi, fatti di minacce e violenze. In particolare è stato accertato un caso in cui ad una donna, madre di uno dei presunti acquirenti dello stupefacente che non era riuscito a saldare i suoi debiti, era stato imposto di lasciare la casa popolare, occupata abusivamente, in cui abitava affinché l’organizzazione potesse farla occupare da altre persone, recuperando in tal modo la somma di 20mila euro. Significative al riguardo sono le visite dei potenziali subentranti nell’occupazione per lungo tempo subite dalla donna.

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Un giro d’affari da 15mila euro al giorno
L’operazione odierna ha permesso di disarticolare un’associazione per delinquere, con un giro d’affari intorno ai 15mila euro giornalieri, che era riuscita a garantirsi il controllo dello spaccio su alcune “piazze” nel quartiere di Ponte di Nona, attraverso lo sfruttamento della povertà, della disoccupazione e delle difficili condizioni di vita di numerose famiglie, molte delle quali afflitte dal dramma dei figli tossicodipendenti, che per riuscire a sopravvivere hanno tollerato ed in alcuni casi favorito l’attività illecita posta in essere dagli indagati.

Veronica Altimari

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