VIDEO Monterotondo – In centinaia per l’ultimo saluto ad Alessio. Al funerale l’omaggio dei motociclisti

La morte di Alessio Brandi ha creato un’ondata di commozione fortissima in tutta la città dove sia lui che la sua famiglia sono molto conosciuti e stimati. Una folla ai funerali che si sono tenuti sabato 1 agosto al Duomo.
Alessio aveva da poco ottenuto tutte le certificazioni come tecnico qualificato, con tanto patentino f-gas, per gli impianti di condizionamento. E insieme al papà, alla mamma e alla sorella aveva iniziato a dare un nuovo impulso alla ditta di famiglia.
Proprio recentemente aveva chiuso il suo primo lavoro e compilato la sua prima fattura con un cliente. Era bravo, molto bravo in quello che faceva, e di sicuro il suo lavoro si sarebbe allargato nel giro di poco tempo. Una scelta coraggiosa, soprattutto in un momento di crisi nera come questo.

 

Il ricordo del papà

“Era molto orgoglioso e felice di questo lavoro. E’ difficile trovare un ragazzo così giovane che si rimbocca le maniche ed entra nel mercato del lavoro a testa alta, mettendosi a disposizione della sua famiglia. Alessio era così. Era il ragazzo educato, a modo e responsabile che tutti conoscevano”. A raccontare chi era Alessio è il papà Giovanni Brandi, conosciutissimo a Monterotondo anche e non solo per la sua attività politica. Fino al 2004, infatti, ha ricoperto il ruolo di consigliere comunale nelle fila di Alleanza Nazionale. Gli stessi amici con cui ha condiviso negli anni le battaglie politiche non lo hanno lasciato solo nel momento più difficile di tutti, sia per lui come padre che per la mamma e la sorella, a cui Alessio era molto legato.

 

Nato a Monterotondo nel 1989, Alessio Brandi si era diplomato al “Cardano” ma già da piccolo seguiva per il padre nel suo lavoro. Gli piaceva aggiustare le cose, avere a che fare con i clienti, tenersi aggiornato sulle normative e i macchinari nuovi, trovare una soluzione ai problemi. Guardare con il sorriso al futuro.
La passione per la Ss. Lazio, la sua squadra, quella per la politica e per la motocicletta erano cresciute insieme a lui spontaneamente e lo avevano accompagnato negli anni.

 

Gli amici del club “Senza meta”

brandi funerale“Il nostro club, Senza meta, è composto quasi tutto da appassionati di moto che appartengono alle forze dell’ordine. C’erano tutti, perché se lo litigavano per andare in giro con lui. Ne apprezzavano la responsabilità, la calma e il fatto che lui – forse a differenza mia – la moto sapeva viverla e godersela con la calma necessaria”, racconta Giovanni. “Io sono sempre stato uno con la battuta pronta e giocherellone. Spesso era lui che mi frenava nei modi. Quando eravamo insieme in macchina, fermi ad un semaforo, e io per scherzare facevo una battuta alla bella ragazza della macchina a fianco, lui si arrabbiava e mi riprendeva. Tra i due era quello quello che aveva la testa a posto”.

 

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Al funerale il “saluto” dei motociclisti
E durante il funerale, a dirgli addio, erano in centinaia, molti provenienti proprio da tutti questi mondi che Alessio aveva incrociato nel corso degli anni. La Lazio, la politica e la moto. Ma c’erano soprattutto gli amici di Monterotondo, quelli con cui Alessio era cresciuto e che frequentava tutti i giorni. Quegli stessi amici con cui amava andare con le moto da cross in tenuta da “battaglia” – tuta integrale, casco e guanti – sulle colline della zona. Per poi tornare, esausti, acciaccati ma felici a casa la sera. “E mi lasciavano sempre il furgone su cui caricavano le moto pieno di fango e toccava a me ripulire tutto”, ricorda ancora il papà con un sorriso.
Al funerale c’erano decine di motociclisti arrivati da ogni angolo della regione. C’erano ragazzi con le moto sportive, i cinquantenni con moto da granturismo e gli appassionati di Harley Davidson. La motocicletta come passione, come amore e come stile di vita. Con la sua disciplina e le sue regole. Alessio Brandi lo sapeva benissimo e la sua gente lo ha voluto salutare nell’unico modo possibile.

Ad un certo punto uno di loro, un amico di famiglia con la maglietta del Club “Senza meta” presieduto proprio da Giovanni, si è guardato in faccia con i centauri presenti. Aveva gli occhi pieni di lacrime. Ha mosso solo le labbra per una frazione di secondo senza emettere un suono, a formare una sola parola: moto. E stata coma la bacchetta di un direttore di orchestra che ha dato il via al rombo dei motori. E’ stato un modo per rompere il silenzio, sfogare la propria rabbia per una perdita troppo grande e dire addio al giovane amico motociclista che se n’è andato per il suo ultimo viaggio.

e. c.

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