Polenta: il pasto frugale degli antichi

Al tempo si trattava di un impasto a base di macinatura di farro cotto in acqua e sale, servito con un contorno di ceci, pesciolini sotto sale, frutta, formaggi, verdure cotte e a volte carne. Similarmente è in uso ancora oggi in Puglia una polenta a base di fave secche con la quale si accompagnano verdure cotte come la cicoria.  La più diffusa polenta oggi è quella a base di farina bramata di mais (o di grano saraceno) e possiede un aspetto compatto, di colore giallo. Scoperto il mais da Cristoforo Colombo nelle Americhe, si diffuse rapidamente in tutta Europa, poi in Africa, Medio Oriente, India e Cina; una coltivazione molto redditizia, per quanto richieda forti quantitativi di azoto, ricavabili in natura dallo stabbio del pollame. Il mais (che è molto duttile e da cui derivano anche prodotti come il fruttosio) è una delle coltivazioni attualmente più diffuse nel mondo ed è anche uno dei componenti maggiormente presenti (l’80% circa) nei prodotti alimentari negli scaffali dei supermercati. i romani. Se volete farvi una polenta consiglio caldamente una farina nostrana e possibilmente biologica. Le farine a pasta gialla corrispondono a 3 tipologie: bramata (la più classica, rustica, macinata a pietra, ideale per la preparazione della polenta); fioretto (più fine, si utilizza anche per preparare pasta di riso o di mais, per impanare carni e pesci, nell’impasto del pane al mais o di alcuni dolci); fumetto, una farina molto fine ottenuta dalla lavorazione del mais s  impianti a cilindri. come-fare-la-polentaLa farina da polenta bianca deriva dalla macinazione della cariosside del mais, varietà maggiormente pregiata, con un tono più delicato, e copre meno il sapore dei sughi che l’accompagnano; si usa rigorosamente nel Polesine e nel Triveneto. La ricetta della polenta prevede che si versi la farina a pioggia in un paiolo possibilmente di rame pieno di acqua bollente salata, in un rapporto di 1:4. Bisogna rimestare di continuo con un bastone di legno (detto cannella) per circa un’ora. Quando la polenta è cotta, la si versa su una tavola di legno e la si condisce con il sugo più appropriato, servendola a seconda della sua consistenza con un cucchiaio o tagliata a fette. Fredda può essere fritta, ripassata al forno con salse e intingoli o usata come il pane. Alcune delle più note ricette che vedono protagonista la polenta sono a base di formaggi, burro, panna, come la taragna, tipica della Valtellina, la pulénta vüncia (unta) e quella cròpa. La pult invece è una polentina molle presente è presente nella zona del lago di Como, e si mangia intinta nel latte freddo. La polenta concia valdostana o grassa prevede un’aggiunta di formaggio fuso, mentre la polenta e bruscitti è un piatto di Varese condito con sugo bianco di carne. Tra le polente a pasta bianca più note c’è quella con le seppie, un piatto veneto spesso proposto nella versione al nero. A Trieste le alternative prevedono salsicce, uova strapazzate, spezzatino e prugne cotte. Nel trentino italiano si usa fare una polenta di patate, cuocendo nell’acqua salata le patate a tocchetti, poi pestati aggiungendo farina di grano saraceno; verso fine cottura si possono aggiungere tocchetti di salame locale, formaggi, cipolle soffritte o le più stimolanti varianti personali. Nel centro Italia la polenta è preparata fluida e servita su una tavola rettangolare di legno chiamata spiendola o spianatora. In Toscana la polenta è consumata, oltre che nel modo tradizionale, anche fritta o cotta in forno o sotto forma di crostini; la pattona invece è una polenta a base di farina di castagne. Nel Lazio questa specialità rappresenta un primo, con il sugo di pomodoro, spuntature di maiale e salsicce, arricchito come sempre da una abbondante manciata di pecorino grattugiato. In Ciociaria il sugo è di salsiccia (per metà di fegato) e broccoletti. In Sardegna è nota anche come purenta, pulenta o farru, presente sino dal 3000 a.C., dall’età nuragica: furono i romani a imporre la coltivazione di graminacee nel Campidano. Una nota a parte la merita la Romagna dove esiste la tradizionale polenta di Tossignano. Il primo febbraio 1622, a seguito di un lungo periodo di carestie e pestilenza, il duca Leonardo Scincia da Sermoneta, governatore di Tossignano, impose che il martedì grasso si distribuisse gratuitamente a tutta la popolazione polenta al sugo e vino in quantità; da allora la tradizione continua ogni anno. Si tratta di una polenta ricca, a pasta gialla, realizzata con una miscela di farine di mais; è servita dura, cioè in pani tradizionalmente tagliati con il filo di cotone, e condita con un ragù di carne di

maiale e di manzo, abbondantemente ricoperta da formaggio Grana grattugiato.

 

 Danilo ielapi

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.