L’agenda smarrita di Paolo Borsellino

I giudici della Corte d'assise di Caltanissetta, parlano di "connessione" quando si riferiscono ai "collegamenti" tra la scomparsa dell’agenda rossa e il depistaggio di Stato 

Mentre il giudice Paolo Borsellino si trovava davanti il cancello dell’abitazione della madre in via D’Amelio, la sua agenda rossa era nell’automobile. Il magistrato non si sperava mai da quell’agenda dell’Arma dei Carabinieri, con la copertina rossa e rigida. Da quel tragico momento nessuno più riesce a trovare quell’oggetto, anche se sono passati ventinove anni. Secondo il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, come ha ripetuto più volte, “c’era qualcuno che aspettava per fare sparire l’agenda rossa e per impadronirsene”. Per il fratello del giudice “quell’agenda è stata sottratta perché doveva servire per gestire i ricatti incrociati con i nomi”. Inoltre, ha sempre rimarcato “una scellerata congiura del silenzio che è durata per 20 anni”. L’agenda rossa è stata anche citata più volte nella sentenza di primo grado del processo ‘Borsellino quater’. I giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, parlano di “connessione” quando si riferiscono ai “collegamenti” tra la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino e il depistaggio di Stato nelle indagini sulla strage di via d’Amelio. Dopo la strage di Capaci, Paolo Borsellino scriveva spesso i suoi appunti in quell’agenda rossa. Il suo collaboratore fidato, l’allora tenente Carmelo Canale gli dice un giorno: “Ma che fa, vuole diventare pentito pure lei?”. E lui, il giudice, risponde serio: “Sono successi troppi fatti in questi mesi, anch’io ho le mie cose da scrivere”. Cosa ha scritto il giudice ucciso dalla malavita ancora, dopo molto tempo, resta per molti un mistero.

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