Prescrizione sempre al centro del contendere. Almeno per il mondo dei cinquestelle, diviso sul nuovo impianto che consiste in ventisei emendamenti alla riforma del ddl Bonafede. I duri e puri usciti dal movimento contestano chi è rimasto di essersi appiattiti ai dettami del sistema.
L’intento della riforma vuole alleggerire il gravame per cui un cittadino in attesa di giudizio debba aspettare anni per avere un verdetto. I riti alternativi sono incoraggiati. L’obbligatorietà della prova. L’ingresso del mondo del digitale come parte integrante delle procedure. Taglio a problemi che allentano la tempistica della procedura. Tutte questioni previste nella nuova procedura per istruire il giudizio penale e civile.
Ma arrivando alla contestata prescrizione: si segue il criterio della riforma Bonafede per cui la prescrizione non diventa più applicabile. Vero però che in Appello i processi debbono essere chiusi entro in due anni. La Cassazione non può durare più di un anno. Se questo non avviene scatta l’improcedibilità. – Ma è anche vero che i processi più complessi possono durare in Appello tre anni e diciotto mesi in Cassazione e per i reati più gravi (mafia, terrorismo, spaccio, stupro), il giudice potrà chiedere di prolungarli per complessivi altri tre anni in Appello e altri 18 mesi in Cassazione –
La Commissione Giustizia ha approvato questa nuova struttura. Questa nuova formula, se approvata, entrerà in vigore nel 2025. Si prevede di impinguare la dotazione di personale per il ministero della Giustizia.