Ex marito spende troppo con l’amante, la Cassazione gli assegna un tutore

I giudici danno ragione alla moglie: l’uomo dilapidava il suo patrimonio ma non pagava gli alimenti

Tutti quei soldi saranno anche i suoi. Ma non è ammissibile sperperarli al punto da non rispettare gli obblighi verso l’ex moglie e da arrivare a chiedere i sussidi allo Stato.

E’ il principio sulla base del quale la Corte di Cassazione ha deciso di mettere un freno imponendo un amministratore di sostegno.

La vicenda è ambientata a Ferrara, dove l’uomo benestante dopo il divorzio consensuale dalla moglie si sarebbe dato alla pazza gioia con l’amante romena dilapidando oltre mezzo milione di euro in breve tempo, ma non versando l’assegno di mantenimento all’ex coniuge.

Per questo la donna di Ferrara si è rivolta al Tribunale, chiedendo al Giudice Tutelare di nominare un amministratore di sostegno per l’ex marito benestante che non rispettava gli obblighi economici. I giudici di primo grado hanno accolto le richieste della donna, anche perché l’ex marito manifestava “un comportamento improntato alla prodigalità, con abituale larghezza nello spendere, rischiando eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socioeconomiche e non riconoscendo più alcun valore oggettivamente attribuibile al denaro”, a tal punto da sperperare circa 512 mila euro, ossia la metà del ricavato dalla vendita di fondi agricoli sull’utilizzo della quale non ha mai dato conto al tutore.

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Tuttavia i giudici di secondo grado hanno ribaltato il verdetto, concludendo che l’amministrazione di sostegno non è finalizzata alla conservazione del patrimonio e che la donna aveva altri strumenti per soddisfare o garantire il suo credito. Nel processo d’appello inoltre l’uomo ha dimostrato attraverso documentazione medica di non essere affetto da alcuna patologia psichica, non era una persona definibile come “fragile” tantomeno suggestionabile.

Così il processo è arrivato in Cassazione e la Suprema Corte ha dato ragione alla signora esasperata.

Secondo gli ermellini, anche se “una persona è libera di disporre del proprio patrimonio, anche in misura larga e ampia, assottigliando ciò di cui legittimamente dispone, non può però ridursi nelle condizioni in cui, non solo non sia più in grado di assicurare i doveri di solidarietà già posti a suo carico (l’aiuto all’ex coniuge), ma finanche quelli in favore della propria persona, altrimenti costretta a far ricorso agli strumenti di aiuto pubblico da richiedersi a dispetto delle proprie capacità di vita dignitosa”.

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