La scomparsa di Luca Hussein porta a Monterotondo

NEL 2015 –  Nel 2015 le indagini, di cui vi abbiamo parlato qui, erano arrivate a questo punto: “Hussein è andato davvero con Attilia ad Orvinio, ma durante l’incontro la sostanza stupefacente che gli ha venduto gli avrebbe causato la morte, con il conseguente occultamento del cadavere da parte di Attilia al fine di allontanare eventuali sospetti a suo carico. Immediatamente dopo, infatti, lo stesso ha tentato in ogni modo di depistare le indagini”.

 

LA CONDANNA – Condanna a due anni e mezzo di carcere per aver ceduto sostanza stupefacente per Cesare Attilia, l’antennista di Orvinio. Non una cessione di droga qualsiasi, però. Il tribunale di Roma con la sentenza di lunedì lo ha ritenuto colpevole di aver ceduto una dose di droga, cocaina fumata con hashish, a Luca Hussein, 31 anni, il barista di origini egiziane, nato e cresciuto nel quartiere Africano a Roma, scomparso il 3 novembre del 2012 proprio dopo una nottata trascorsa con Attilia ad Orvinio.

 

CADUTE LE ACCUSE – Sono cadute invece le accuse di morte come conseguenza di altro reato e l’occultamento di cadavere. Cesare Attilia, 48 anni, a tempo perso pastore o antennista, precedenti per droga, era finito sotto inchiesta per la morte e la scomparsa di Ahmed Saleh Hussein, conosciuto come Luca, di professione barista, già poche settimane dopo la sparizione.

 

La prima misura cautelare per omicidio volontario e occultamento di cadavere, sollecitata dal pm Cristiana Macchiusi, però era stata bocciata dal giudice per le indagini preliminari. Bocciato anche il ricorso in Cassazione del magistrato. Per i giudici della Corte Suprema mancava innanzitutto la prova del passaggio di droga pesante. In un primo momento era stato accertato che Hussein quella notte aveva chiamato un altro pusher perché cercava hashish.

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Il pm Macchiusi però non si è arresa e nel 2015 ha fatto scattare una nuova misura con l’accusa di cessione di droga e morte come conseguenza di altro reato, il procedimento che ha portato all’attuale condanna. Anche se pure la seconda misura era stata immediatamente revocata dai giudici del Riesame. Per il pastore di Orvinio, sfuggito a due arresti, con la sentenza di lunedì è scattato così il primo elemento che lo lega alla misteriosa notte in cui Luca Hussein è scomparso.

MONTEROTONDO E IL CAMBIO DELLE VERSIONI – Attilia, difeso dall’avvocato Mauro Marconi, infatti, ha cambiato più versioni. Prima aveva sostenuto di non aver visto quella notte Luca, poi ha detto di aver mangiato bistecche con lui a Orvinio e alla fine di averlo lasciato il mattino successivo a Monterotondo dove Luca aveva visto un amico. Un amico di Monterotondo che, come ha accertato poi la polizia, quei giorni era fuori.

 

A Attilia venivano addebitati anche tentativi di depistaggio. Avrebbe fatto partire delle telefonate col cellulare di Luca e avrebbe anche fatto fare due chiamate, una a Monterotondo e una a Roma, per segnalare il suo avvistamento. In entrambi i casi Attilia sarebbe stato nei paraggi. Tant’è che il pm Macchiusi puntava a una condanna a otto anni di carcere.

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“Noi vorremmo riavere il corpo di Luca, dagli una tomba per stargli vicino – si dispera ancora Nazzar, il fratello che non si è mai rassegnato – Ma il fatto che l’unico sospettato ha avuto questa piccola condanna ci ha dato un piccolo sollievo”.
Attilia, messo alle strette, durante il processo aveva ammesso di aver ceduto droghe a Luca nella sua casa di Orvinio, ma si è sempre professato innocente: “Della scomparsa non so nulla”.

LA DIFESA – “Da questo processo indiziario Attilia doveva essere assolto con formula piena – ha detto l’avvocato Marconi – non essendo stata raggiunta la prova che Luca sia scomparso o deceduto per mano del mio assistito. L’unico imputato e l’unica pista seguita da cinque anni dalla Mobile e dalla Procura. Non solo il colpevole è rimasto ignoto ma anche il movente è incerto. Ciò nonostante il Tribunale dopo circa due ore di camera di consiglio ha deciso di condannarlo per il solo spaccio di stupefacenti, senza la prova dell’assunzione della sostanza stupefacente, nè con riguardo alla tipologia, quantità e qualità. Come del resto resta difficile ritenere che sia stata una dose mortale a causare il decesso di Luca non avendo effettuato un esame autoptico sulla salma”.

 

Il pm Macchiusi, invece, già punta all’appello per addebitare all’imputato pure la sparizione del cadavere.

 

D.R.

 

 

 

 

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