Ordinato Don Samuele Orlandi, l’omelia del vescovo di Tivoli

La cerimonia venerdì 12 giugno presso il Santuario Nostra Signora di Fatima in San Vittorino Romano

Venerdì 12 giugno si è tenuta l’ordinazione presbiteriale di Don Samuele Orlandi presso il Santuario Nostra Signora di Fatima in San Vittorino Romano.

Questa è l’omelia del Vescovo Mauro Parmeggiani.

 

«Samuele carissimo!

È con profonda commozione che questa sera con una gioia immensa partecipiamo alla tua ordinazione sacerdotale.

Se per un Vescovo è sempre la gioia e la consolazione più grande ordinare un prete per la sua Chiesa. Stasera – nessuno me ne voglia – questa gioia è speciale.

Speciale come credo che sia per tutti coloro che con te hanno atteso da anni questo momento già programmato per il 18 aprile scorso, Festa della Divina Misericordia, ma reso impossibile a causa della pandemia. Pandemia che ancora non ha permesso a tanta parte del nostro presbiterio e dei molti fedeli che ti conoscono e ti vogliono bene, essere qui stasera per condividere di persona questo momento di grazia per te e per la Chiesa.

La gioia è ancor più forte perché in molti abbiamo come toccato con mano il tuo atteggiamento davanti ad ogni perdita di sicurezza umana in vista di questo momento che cambia per sempre la tua vita e al quale ti sei preparato lungo tanti anni di Seminario e dieci mesi di diaconato nella Parrocchia del Duomo di Tivoli e a servizio dell’Azione Cattolica diocesana dalla quale provieni e alla quale sei già da alcuni mesi a servizio come Assistente dei giovani e giovanissimi. Davanti alla data del 18 aprile che si avvicinava, infatti, non hai mai perso la calma, ma hai sempre risposto che i tempi sono di Dio, che diventare prete in questo tempo così strano che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo era essere immersi nel tempo nel quale sei chiamato a vivere il tuo sacerdozio. E con lo stesso stile hai accettato di vivere la tua ordinazione a numero ristretto di partecipanti, senza feste esteriori ma con una semplicità che se pur ti distingue, proprio per questo avrebbe meritato da parte nostra, da parte di chi ti vuole bene, tanta festa in più.

Sono comunque con noi in tanti anche tramite la diretta via streaming resa possibile da Radio Giovani Arcobaleno e altri mezzi di comunicazione diocesani che ringrazio per questo servizio.

Caro Samuele, diventi dunque prete!

Cosa si sente di dirti il tuo Vescovo stasera?

Innanzitutto grazie, sentiti sempre un amato da Dio, ama con cuore grande il Suo popolo.

Grazie.

Grazie perché hai risposto con generosità e fiducia alla chiamata del Signore. Quella chiamata che hai avvertito nella tua piccola parrocchia di Madonna della Pace e in quella di Agosta. Quella chiamata che hai avvertito durante il tempo di studio e poi di lavoro come elettricista, durante i tuoi impegni in Azione Cattolica parrocchiale e diocesana, che hai avvertito servendo all’altare fino a quando sei entrato in Seminario ma senza mai metterti in evidenza. Quasi nascondendo inconsapevolmente i doni che Dio sentivi che voleva darti, dietro un muro di timidezza, quasi un senso di inadeguatezza per un dono che pensavi troppo grande per te.

La prima lettura che hai scelto per questa celebrazione so che l’hai scelta perché riassume un po’ il tuo passato e la senti tanto tua.

Narra la storia del profeta Geremia, uomo inviato, suo malgrado, ad annunciare la Parola a degli uomini che non vogliono ascoltare. Ma che tuttavia comprende che questo suo essere per gli altri in nome di Dio non è un caso ma fa proprio parte del progetto di Dio su di lui.

Il Signore dice infatti a Geremia come dice a te stasera: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”.

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Sì, da sempre, caro Samuele, Dio ti ha conosciuto, ha voluto avere un rapporto intimo con te. Una relazione che è ben di più di una relazione intellettuale o corporea tra due persone. Non è una conoscenza come tra esseri umani che può essere anche molto bella.

Qui c’è qualcosa di più.

E non è nemmeno la conoscenza intellettuale che tu hai avuto o oggi hai ancora di più rispetto ai tempi delle catechesi della tua cara catechista Elide che ha vissuto per vedere questo giorno, bensì la conoscenza della relazione che Dio ha stabilito con te come con Geremia investendoti di un determinato compito e responsabilità mentre, nello stesso tempo, ti copre anche di cura e protezione perché il Signore quando dà una responsabilità, un compito anche gravoso, dà sempre anche la forza di non venir meno a tale impegno, quando affida una missione che dà gioia ma è anche onerosa perché chiede di compromettere la vita per Lui e per il Suo popolo, dà anche la forza per perseverare nel suo servizio. Quella forza che possiamo attingere sempre e soltanto a una condizione: rimanere con la preghiera, la Messa quotidiana, l’ascolto del suo popolo, in relazione con Lui!

Dio ti ha dunque da sempre conosciuto e “consacrato” ossia come separato, messo da parte per Lui. Perché tu gli appartenga per sempre e così pur rimanendo in mezzo al mondo tu sia come “altro” rispetto al mondo perché non sei più tuo ma appartieni a qualcuno che è Dio.

La scelta che Dio ha fatto di te ti ha come tirato fuori e stasera ti tira fuori definitivamente dal gruppo, dall’anonimato, dalla massa. Ma non perché sei migliore degli altri o perché tu ti senta diverso se non addirittura superiore agli altri – non sarebbe da te … – ma perché Ti ha scelto, per pura grazia ha posto lo sguardo su di te. E questo dice certamente gioia: Dio conosce il mio nome, la mia povera storia, le mie umili anche se dignitosissime origini. Ma anche lacerazione, mancanza di quella sicurezza che proviene dal sentirsi parte della maggioranza degli uomini, nel tuo caso di quei tanti giovani che pur avvertendo la chiamata non sanno rispondere sì affidandosi all’Unico che chiama e anche se invia per una missione non semplice, riempie però il cuore di gioia.

E questa gioia da dove nasce? Dal sapersi conosciuti, separati dagli altri ma per essere “destinati agli altri”. Per essere per loro testimone di una sorte comune: quella del Cielo, quella della Risurrezione alla quale tutti siamo e sono chiamati, quella del vivere già qui con serenità e speranza perché Lui ci ama tanto e sempre ci usa misericordia. Quella cioè di dire a questo mondo che c’è una speranza che ci attende, la speranza della vita eterna, della misericordia divina, di un amore fedele e per sempre che Dio ha e sempre avrà per il suo popolo.

Grazie dunque perché hai accettato questa chiamata ad annunciare a tutti la Parola di Dio, a celebrare i sacramenti – primo tra tutti l’Eucaristia –, a testimoniare la carità anche se sai già che non tutti accoglieranno la tua proposta che è la proposta di amore di Dio per l’umanità.

Sì grazie perché sai che ogni profeta è stato rifiutato, che Gesù stesso è stato rifiutato ma hai accettato di lasciarti condurre da Lui fidandoti della sua promessa anche se giovane, impacciato nel parlare … Non avere paura, ma sappi sempre che le parole giuste te le metterà Lui sulla tua bocca e sempre sarà con te per proteggerti lungo il cammino della tua vita sacerdotale.

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E dopo il grazie: la seconda parola: sentiti sempre un amato da Dio!

Un amato come Pietro. L’apostolo che aveva tradito il suo Maestro e Signore per tre volte nella notte del processo di Gesù, l’apostolo che però ha saputo piangere sul suo tradimento, ha saputo arrendersi durante l’ultima cena davanti a Gesù che voleva lavargli i piedi, voleva amarlo e Pietro pensava di non aver bisogno dell’amore di Dio, dell’amore di Gesù ma pensava di essere autosufficiente.

Al termine del Vangelo di Giovanni c’è questo bellissimo dialogo tra Gesù e Pietro. Il Signore chiede a Pietro per due volte se lo ama e Pietro non osa rispondere che lo ama ma soltanto che gli è amico. E solo quando Gesù vede che Pietro ha compreso che si può amare Gesù soltanto riconoscendo che Lui è l’Amore e noi dei suoi poveri amici per grazia, perché amati infinitamente da Lui, allora gli viene affidato il suo popolo da pascere e pascolare. Popolo fatto di agnellini e di pecore. Gli viene dato il mandato di pascere ossia dare il cibo e pascolare cioè guidare gli agnelli e le pecore che però non saranno mai di Pietro come non saranno mai di nessun altro se non di Cristo.

Sì, anche se tante volte ti riconoscerai, carissimo Samuele, in Pietro, sentiti sempre amato da Dio che nonostante tu senta la distanza da Lui stasera ti dà fiducia affidandoti agnelli e pecore, ossia una grande famiglia di uomini e donne, giovani e anziani, la grande famiglia di noi Vescovi con i loro preti che non è la loro piccola comunità ma è l’ampia comunità di tutti i figli di Dio sparsi nel mondo, perché tu dia loro il cibo spirituale e materiale che li nutra e sia loro guida che con spirito profetico ma anche tanta umiltà e in obbedienza con la Chiesa e il Collegio dei Vescovi in comunione con il successore di Pietro, il Papa, tu possa guidare con autorevolezza e responsabilità il suo popolo.

Ed ecco la terza parola che ti lascio dopo il mio grazie e l’augurio di sentirti sempre un amato da Dio: – come ha ricordato San Paolo nella seconda lettura che ci è stata proclamata – “Ama con cuore grande il Suo popolo!”.

Cosa vuol dire? Vuol dire proprio saper esercitare con saggezza ed umiltà l’autorità e la responsabilità del Pastore. Potrai evangelizzare autenticamente se in te si uniranno autorevolezza – che non è autoritarismo … – e responsabilità. Quella responsabilità che nasce e si esercita non stando a tavolino ma nella relazione con l’altro, conoscendo lui, il mondo in cui vive, il contesto culturale in cui è immerso. Nella nostra cultura, anche subito dopo la prima settimana di pandemia dove forse ci siamo sentiti tutti un po’ più solidali tra noi, è riemersa immediatamente la preoccupazione dell’“io” piuttosto che quella per il “tu” e il “noi”. Evangelizzare ed essere responsabili significa metterci la faccia per il Vangelo e per il popolo che Dio ci affida in una reciprocità appassionata di relazione profonda dove si mostra l’amore grande per il popolo di Dio – di Dio e non nostro … – assumendoci responsabilità, annunciando la Parola e la verità non con le parole ma con i fatti, con le azioni che rendono autentica la Parola. E così, caro Samuele, sarai pastore. Quando l’altro, l’altra ti interesserà più della tua stessa vita e della tua morte!

È quanto, affidandoti a Maria Madre di Dio e Madre nostra, ti auguro di vivere e sperimentare sempre perché tu sia un prete felice e contagioso, contagioso della gioia del Vangelo! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina»

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