“Siate affamati, siate folli”

Oggi, 5 ottobre a dieci anni dalla scomparsa di Steve Jobs il mondo celebra il suo mito

Indipendentemente dall’agiografia che sempre viene tracciata per i personaggi scomparsi e che hanno avuto un grande successo in vita, il caso di Steve Jobs si pone come originale nella narrazione dei miti del capitalismo.

Jobs fu un inventore, un creatore di nuove tendenze. Un pioniere del nuovo che non si fermò mai davanti all’ordinario, pur se conservava garanzie di successo economico.

Peccato che se tracciato in modo autentico il senso della sua figura rimane unico in un mondo dove l’omologazione appare sempre come prevalente.

Il messaggio diretto agli studenti della Standford University potrebbe avere un valore transitivo, nel senso che se folle e affamato è chi parla la ricerca di trovare eco di consensi negli altri diventa una necessità. E quindi anche chi è perfettamente nutrito e trova il mondo sufficientemente apprezzabile così com’è deve porsi qualche domanda rovesciando, anche solo per esercitazione qualche schema. Ma nonostante si venda il santino del miliardario illuminato, Steve Jobs fu tante altre cose ancora sui quali la Storia deve ancora fare luce. (Sempre ammesso che anche questo storicismo in cui si vuole ricostruire l’identità di un soggetto legato al suo tempo non sia da relegare a un’oziosa perdita di tempo).

Jobs aveva 56 anni quando se n’è andato.

Nato a San Francisco il 24 febbraio 1955, nel 1976 fonda Apple (insieme a Steve Wozniak e Ronald Waynee). Con Steve Jobs si celebra il mito del capitalismo pionieristico partito da umilissime condizioni essendo l’impresa nata in un garage per poi avere un capitale in termini di trilioni di dollari. Jobs ha il merito di aver dato nuova definizione ed esteso i confini al personal computer, al mouse, all’iPhone … Con l’iPod e iTunes ha varcato i limiti fisici delle potenzialità di ascolto della musica in modalità streaming.

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