Venerdì 12: Immigrati ed integrazione, il caso Marcellina nella performance dell’artista Duque

Una collaborazione internazionale quella nata tra Alessandrini e Duque che ha portato alla creazione di un’opera che racconterà il caso Marcellina sottolineandone la vicinanza con l’esperienza raccontata in “Havalina”, canzone della band The Pixies e riadattata per l’occasione.

 

Dal detto ‘Marcellina passa e cammina” all’esperienza del centro di accoglienza per immigrati: Michela Alessandrini spiega la performance di Duque 
“Dal 2013, l’Italia è stata teatro di sbarchi quotidiani e massicci di migranti che partono dalle coste libiche per approdare su quelle siciliane, europee – spiega Michela Alessandrini, 27 anni, vasta esperienza internazionale nel campo dell’arte e curatrice dell’evento -. Da sempre terra di arrivi e partenze, l’Italia ha accolto i nuovi arrivati in centri d’accoglienza sparsi sul suo territorio, spesso con drammatica, voluta disorganizzazione. Uno di questi si trovava a Marcellina, piccolo paesino chiuso alla novità e tradizionalmente ostile allo straniero. Non a caso, uno dei detti folkloristici più conosciuti in paese recitava ‘Marcellina: passa e cammina’. Contro ogni aspettativa, gli autoctoni si sono pian piano abituati alla distante presenza dei migranti, dimostrando di essere curiosi verso l’altro. Malgrado queste nuove figure
non siano mai state veramente integrate nel paesaggio locale, non è falso dire che l’hanno marcato profondamente. Se loro sono stati successivamente trasferiti altrove – chissà dove – le tracce del loro passaggio sono rimaste: quelle sì. La camminata lenta e quotidiana che, dalla residenza in via San Polo dei Cavalieri, li portava ogni giorno al centro di Marcellina e, di qui, a Roma in autobus, ha scavato un sentiero, ha marcato il paesaggio. Si è creata una scorciatoia sulla penisola di terra che si trova di fronte ad una rovina, quella delle ex cave CI.DI, ormai in disuso da decenni – imponenti e fatiscenti. Pietre immobili di un paesaggio inalterato, fino all’arrivo di quei piedi venuti d’Africa.
Durante la lunga estate 2014, li ho visti andare a venire, ogni giorno, lentamente. Mi sono sembrati più autoctoni di quanto pensassi, perché capaci di modificare un paesaggio statico, al quale tutti ci eravamo abituati. Come un animale che sonda il terreno, che lo riconosce e lo sente, lo segna – così, questi immigrati migranti hanno attraversato la nostra terra, come noi non sappiamo più fare, vivendola. Una tappa sulla loro spedizione incerta verso una libertà tanto agognata quanto illusoria. All’improvviso, tutt’un altro senso per il “passa e cammina”. Questo è il contesto in cui si è iscritto il mio invito all’artista messicano Humberto Duque: una chiamata alla riflessione su questo territorio e i suoi segni, le sue contraddizioni e la sua eternità. Il progetto che mi ha proposto mi è sembrato armonizzarsi al mio sentire, in maniera sorprendentemente naturale. Omaggio a questa terra, a lui sconosciuta e da me amata, Marcellina si appropria di un luogo e dei suoi strumenti per parlarci in un linguaggio universale, quello dell’arte: del passaggio della vita, dell’armonia delle coincidenze, dell’uomo, della terra e della Terra”.

 

Humberto Duque: “Un nuovo inno per questo piccolo paesino”
“Tutto è cominciato come un gioco ridicolo e penso ancora che sia piuttosto assurdo, ma alla fine si è sviluppato in qualcosa di molto più complesso. Marcellina è stata, ed è ancora, un rifugio provvisorio per i migranti: come tanti altri posti in Italia, continua ad ospitare persone che, venute dall’Africa, hanno attraversato il Mediterraneo nel disperato tentativo di arrivare in Europa. Nella canzone Havalina, The Pixies parlano di un paesaggio in Arizona, in mezzo alle aride colline del Sud Ovest Americano, là dove abitano i pècari, o javelinas in spagnolo. Questa creatura indigena si sposta su questa terra arida e, nella canzone, si dice che si muova svelta nell’afa del torrido deserto. Questa parte del mondo è la prima destinazione per molti immigrati dal Messico e dall’America Centrale che cercano una vita migliore in un paese nuovo.
Come artista, lavoro spesso con elementi della cultura pop in situazioni contraddittorie, sperando di poterle scuotere e rimettere in questione il mio pubblico e il loro modo di vedere le cose. La musica è sempre stata una mia ossessione e la uso per far sorgere panorami artificiali in cui l’incertezza gioca un ruolo fondamentale.
L’idea, qui, è di radunare la banda di Marcellina vicino l’ex cava e fargli reinterpretare questa canzone, con parole tradotte dall’inglese all’ italiano e adattate al differente scenario. La maggior parte degli abitanti non si ferma in questo posto desolato, limitandosi a passare sulla strada adiacente, indifferente alla sua struttura massiccia e alla natura intorno. Nonostante ciò, il movimento costante dei migranti che erano ospitati in un centro di permanenza temporanea lì vicino, ha lasciato delle tracce sul terreno, sentieri silenziosi in differenti direzioni che hanno prevalso e sono ancora visibili, anche se i migranti non vivono più lì. Il mio progetto Marcellina intende riunire la comunità e trasformare questo posto abbandonato in un punto di riferimento per la città. Magari quest’interpretazione resterà e si svilupperà in un nuovo particolare inno per questo piccolo paesino”.

Condividi l'articolo:
LEGGI ANCHE  TIVOLI - Lavori in Centro, disattivato il Varco Ztl di Ponte Gregoriano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.