TIVOLI – Processi penali, uno su tre è prescritto in primo grado

Il Presidente Nicola Di Grazia lancia l'allarme sull'emergenza del Tribunale: "Pochi giudici e 6.912 processi pendenti: pure il 2020 sarà una Via Crucis"

Un processo su quattro dichiarato prescritto in primo grado. Una percentuale destinata ad avvicinarsi neanche troppo lentamente al 30 per cento di procedimenti diventati “carta straccia” prima della sentenza. Uno su tre, roba da venir voglia di chiuderlo per sempre.
D’altronde, il Tribunale di Tivoli appare ancora come un presidio di provincia se guardato dalle finestre del Ministero di Giustizia di via Arenula. Lo dicono i numeri dei magistrati effettivi in forza al Palazzo di Giustizia di viale Arnaldi e soprattutto dei procedimenti pendenti nella Sezione Penale.
Come ogni anno, il Presidente di Sezione Nicola Di Grazia si ritrova a fare i conti con un pugno di giudici a disposizione e qualcosa come 6.563 processi monocratici e 349 collegiali sul “groppone”, molti dei quali a rischio.
“Si tratta di numeri che a Roma sono gestiti da tre Sezioni composte anche da un numero maggiore di quelli effettivi a Tivoli”, attacca questa lunga intervista al settimanale Tiburno in cui rivela una situazione da mettersi le mani nei capelli all’interno del suo ufficio al terzo piano di Palazzo Arnaldi con la scrivania zeppa di fascicoli.
Una situazione determinata anche dal processo “Tibur” da 32 imputati nella cosiddetta “Cosa Nostra Tiburtina” concluso giovedì 16 gennaio dopo sette mesi e mezzo di udienze nell’aula bunker di Rebibbia.
Sette mesi e messo in cui per due volte a settimana Di Grazia, insieme ai giudici Antonio Ruscito e Emanuela Maria Francini, hanno dovuto rinviare le udienze a Tivoli. Tradotto: Tribunale paralizzato.
“La situazione è allarmante, lo scriva pure che non la smentirò – rincara la dose il Presidente – E’ intollerabile che a 32 chilometri da piazza Venezia ci sia una situazione del genere. E lo dico fin da ora: anche per tutto il 2020 in questo Tribunale sarà una Via Crucis”.
Presidente, perché?
“Perché non posso fare la moltiplicazione dei pani e dei pesci. In pianta organica è previsto un Presidente e 5 giudici, ma attualmente un ruolo è scoperto per almeno altri due o tre mesi”.
Troppo pochi?
“Questa pianta organica non può sostenere il peso di un numero tale di processi, servirebbero sei giudici in più. Sa qual è il problema vero?”.
Quale, Presidente?
“Qui c’è stata una sottovalutazione della tipologia di territorio, io stesso prima di venire qua non mi ero reso conto di questo tipo di realtà, di quanto fosse contigua a Roma e di quali criticità avesse e comportasse. Da Roma appare diversa”.
Come se ne esce?
“Non continuando a pensare al circondario di Tivoli come a un territorio composto di piccoli paesini, in realtà si tratta di un tessuto socio-economico articolato e quindi anche sensibile ai fenomeni criminali, assolutamente omogeneo con Roma.
Ne è testimonianza la natura dei processi penali che trattiamo, il numero elevato dei procedimenti penali con detenuti e il fatto che veniamo investiti sempre più spesso da processi trattati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Ad esempio il cosidetto processo “Tibur” ne è l’ultima rappresentazione evidente”.
E’ stata la più imponente operazione antidroga per numero di arrestati, quindi un caso eccezionale.
“Non è affatto un caso isolato perché abbiamo sul ruolo anche altre fattispecie di processi in cui viene contestato l’articolo 74 della legge sugli stupefacenti, l’associazione a delinquere.
La percentuale di processi con detenuti è elevata, per cui il Tribunale non può essere quello di una piccola realtà periferica, ma deve essere una sorta di Roma2, cioè un presidio adeguato ad affrontare fenomeni e processi che richiedono un’istruttoria lunga e complessa che assorbono i giudici per parecchio tempo, come ci è accaduto col processo Tibur.
Questo sottende un dimensionamento del Tribunale completamente diverso rispetto a quello attuale, che altro non è se non la configurazione di un piccolo Ufficio periferico dove complessivamente ci sono 21 giudici, Presidente di Sezione e Presidente del Tribunale”.
Per quanto tempo ancora Tivoli è destinato a restare così?
“Da notizie in nostro possesso, il progetto ministeriale prevede un aumento della pianta organica fino a sei giudici in più, è sicuramente una buona e ottima notizia, un segnale di speranza per la Giustizia in questo territorio”.
Allora perché questo clima di catastrofismo?
“Glielo spiego subito. Ora c’è la proposta di decreto del Ministro per l’aumento di organico. Successivamente dovrà dare il parere il Consiglio Superiore della Magistratura, dopodiché il decreto sarà attuato.
Ma non è finita. Sarà bandito il concorso per l’assegnazione dei posti e una volta espletata la selezione i giudici verranno assegnati al Tribunale Tivoli. Ma siccome ci sono criticità anche nel settore Civile e nel settore Lavoro necessariamente questi sei giudici andranno distribuiti all’interno dei vari settori.
Mi permetto di osservare che è però una misura assolutamente minimale perché non dobbiamo trascurare il fatto che questa criticità negli ultimi anni sta diventando sempre crescente
Quindi il beneficio che ne deriverà per il Settore Penale sarà sicuramente consistente ma a mio parere difficilmente sarà pienamente adeguato ad affrontare questa emergenza”.
Ipoteticamente, nel 2021 arriveranno due giudici a settore?
“Non possiamo fare ipotesi, sicuramente non tutti e sei”.
Tornando al processo “Tibur” appena concluso: per sette mesi e mezzo lei e i giudici Ruscito e Francini avete tenuto una media di due udienze a settimana a Rebibbia. Risultato: centinaia di udienze rinviate. Sappiamo quante?
“Basta fare il conto delle udienze del processo Tibur e moltiplicarlo per due perché ogni volta le due udienze monocratiche dei due giudici a latere sono saltate.
A questo bisogna aggiungere che quell’impegno ha comportato un generale rallentamento dell’attività di studio e di scrittura delle sentenze degli altri processi. Quindi un danno enorme all’attività.
Ma può capitare perché la realtà giudiziaria di questo Ufficio non è la stessa di un territorio ai margini della Regione: è un territorio assolutamente contiguo dal punto di vista geografico e sociale con Roma, quindi esposto a questi fenomeni.
Secondo la mia valutazione la possibilità di un altro processo Tibur potrà ripetersi”.
Presidente, quanti i processi a rischio prescrizione?
“Al settore monocratico abbiamo una percentuale del 25 che si sposta gradualmente verso il 30 per cento di prescrizioni dichiarate in primo grado già adesso.
Per quanto riguarda il Collegio le prescrizioni dichiarate fino a questo momento sono stati casi isolati e tuttavia lo stesso gravissimi perché un processo collegiale che si prescrive in primo grado è una sconfitta veramente cocente per l’attività giudiziaria.
Anche se non sono direttamente responsabile, è una situazione mortificante, per i cittadini, per gli operatori di Giustizia, per gli avvocati che lavorano in condizioni difficili, per il personale amministrativo.
Soprattutto per la disparità di trattamento con realtà in cui i tempi della Giustizia sono obiettivamente diversi, migliori, lo stesso problematici ma sicuramente meno gravi piuttosto che a Tivoli”.
Il 26 ottobre 2017 lei e il Procuratore Menditto firmaste una Protocollo stabilendo i criteri di trattazione dei fascicoli. Quali risultati ha portato?
“Due risultati fondamentali. Il primo, evitare il peggio: se non ci fosse stata questa attività di coordinamento col Procuratore saremmo stati inondati da una marea di processi indistinta e non avremmo avuto modo di trattare più velocemente gli affari più gravi e più urgenti.
Secondo i miei conti, oggi il settore monocratico invece di avere 6 mila processi pendenti ne avrebbe avuti probabilmente vicini ai 9 mila.
In secondo luogo questa operazione ci ha consentito di trattare in modo tempestivo i processi con imputati sottoposti a misure cautelari personali pendenti: non essendo soffocati da una marea di piccoli processi e avendo la possibilità di fare ordine delle priorità, i processi con imputati sottoposti a misure cautelari pendenti hanno potuto avere un binario di trattazione privilegiato e, tranne rarissime eccezioni, le misure cautelari personali non sono scadute per decorrenza dei termini prima della sentenza.
Due risultati a mio parere comunque importanti ma non risolutivi al problema di fondo”.
Un presidente più 5 giudici: secondo lei quale dovrebbe essere il numero adeguato per il Tribunale di Tivoli?
“Noi abbiamo una priorità assolutamente indifferibile che è quella di creare un terzo Collegio Penale composto da tre giudici ma non da me che ne presiedo già due.
Tre giudici che siano liberi di potersi dedicare quasi a tempo pieno a questa attività per aggredire l’arretrato di processi collegiali pendenti: 349 è un numero esorbitante all’interno del quale ci sono fatti gravissimi, processi complessi che vanno definiti.
Per cui tre giudici nuovi è una misura assolutamente minimale ed emergenziale.
Occorrerebbe inoltre avere un ampliamento del numero di giudici onorari perché in questo momento al Penale sono soltanto due e il presidente del Tribunale ha dovuto destinarne altri a supporto dell’attività civile che incontra le stesse difficoltà.
Per accelerare le attività è necessario ampliare la pianta organica del personale amministrativo: anche in questo caso il rapporto tra i processi pendenti, cancellieri e assistenti rispetto alla realtà di Roma è assolutamente perdente e non è sostenibile in alcun modo”.
Blocco della Prescrizione: quali benefici porta al Tribunale di Tivoli?
“Benefici diretti nessuno, è una legge dello Stato in vigore che dobbiamo applicare.
Dal punto di vista delle conseguenze applicative comporterà per il futuro un impegno maggiore per il Tribunale di Tivoli perché dovrà affrontare i processi per scongiurare la prescrizione in primo grado.
Il blocco della prescrizione è una spada di Damocle in più per i sei giudici attuali?
“Assolutamente sì, perché abbiamo una serie di processi che sappiamo essere destinati alla morte certa in Appello e li trattiamo secondo l’ordine di priorità concordato con la Procura.
Per i processi nuovi tutto questo non potremo farlo più perché in Corte d’Appello i termini di prescrizione non decorreranno: questo significa una nuova ragione di pressione sull’attività giudiziaria del nostro Tribunale.
Se fino a ieri dicevamo “purtroppo non c’è più tempo per fare il processo”, da oggi ci dovremo porre il problema di trovarlo quel tempo affinché viva in Appello”.

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