“Contenere il disastro”

I termini della crisi pandemica sono ben diversi da quelli che si prospettavano al suo primo apparire. Le ripercussioni sul piano economico si presentano in misura ben diversa da come si temeva quando si è fatta resistenza alla prima chiusura generalizzata di marzo e aprile 2020. Poco utile la recriminazione delle responsabilità sugli errori, come fatto nel dibattito sulla crisi di governo nel nostro paese. E non è una consolazione che i termini della crisi economica sono di carattere globale. Proprio perché i termini universalistici riportano a un’accentuazione delle conseguenze in cui si troveranno diversi milioni di persone che dobbiamo pensare a un modello diverso di gestione risorse. Quando il grande allarme pandemico sarà concluso e si tratterà di osservare i livelli di guardia per la salute avremo tanti disoccupati e attività che non hanno retto per il lungo tempo di inattività. Come nel finale del film I Quattro Giorni del Condor bisognerà avere risposte. Non si potranno chiedere agli elettori. Non ci sarà consultazione elettorale che tenga. Bisognerà averle trovate le risposte ed applicarle. Un tipo di risposta è già in campo. Si tratta di grandi risorse della malavita organizzata o di grandi capitali di investimento che arrivano da ogni dove che comprano rendendo tanti cittadini liberi nuovi sottoposti. Prima che questa risposta sia quella generalizzata, è ora che bisogna trovare queste risposte. Quindi in tal senso “contenere l’entità del disastro”. I risultati di questa nuova clausura con libertà vincolate sarà il colpo di grazia per tante aziende e lo Stato assistente non potrà ricoprire le spese per rimettersi in piedi perché in ginocchio grazia al suo indebitamento pubblico. Ci sono le premesse per una colonizzazione economica e sostanziale in tutto e per tutto. In questa crisi prima di chiederci a cosa serve oramai la politica e la democrazia che la sostanzia, si devono trovare canalizzazioni per le tante energie rimaste bloccate. L’unica strada allora consiste nel concentrarsi in investimenti che ridiano qualità dei quartieri, dei servizi, della Sanità, delle cose finalizzate a dare un livello migliore alla vita di ciascuno. Un nuovo Umanesimo che riguardi la volontà di dare il meglio per riottenerlo in termini di miglioramento degli standard di vita generali. Più che una riforma, una rivoluzione culturale in grado di mettere le esigenze di tutti al centro. In tal senso riaprire una stagione imprenditoriale disallineando dalla moda di facili guadagni in speculazioni finanziarie per tornare al lavoro e alla centralità della qualità della vita. In questo grande cambiamento un ruolo di collettore, ma anche di guida, deve essere rappresentato dall’informazione affinché non pensi solo all’accaduto e alla sua storicizzazione, quanto a quel che potrebbe accadere. E in questo grande onere trovare la sua missione.
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