Le buone maniere di Donna Letizia

Negli anni ’50, diventano trendy le rubriche di galateo tenute da redattrici con nomi altisonanti.

Le buone maniere che oggi ci sembrano “normali” giungono da un lontano e borghese passato. Nell’Ottocento, ogni comportamento si traduceva nel manifestare e mantenere contegno, vale a dire nel dominare il proprio corpo, i propri affetti e le proprie emozioni. Chi desiderava farsi strada nella società borghese doveva apprendere un portamento corretto e un linguaggio corporeo controllato. Ciò valeva in particolare per le donne, il cui comportamento e autocontrollo erano soggetti a regole più rigide rispetto a quelle destinate agli uomini, come risulta dai manuali di buona creanza per donne e fanciulle elaborati dopo il 1850, che dedicavano particolare attenzione alle forme esteriori, alla conversazione e all’etichetta, nonché a questioni riguardanti la moda e la società. Nel contesto borghese, portamento e buone maniere nelle relazioni con individui appartenenti al medesimo ceto o a classi superiori significavano dominio di sé, stabilità, affidabilità e rettitudine, ossia onestà e rispettabilità. Nel Novecento, invece, l’etichetta lascia spazio allo snobismo. In Italia, nel secondo dopoguerra, la rubrica “Il saper vivere” di Donna Letizia (Colette Rosselli),  pubblicata su note riviste, regalava consigli e regole di comportamento alle donne che, dimenticati i duri anni di guerra, tornavano ad interessarsi, all’alba del boom economico, al comportamento.

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