No vax, nell’impossibilità di guardare in faccia il nemico

Il dibattito in Europa sulle misure anti-diffusione del virus evidenza l'arrancare di questo continente

 

Diciamo subito che la posizione no vax è ridicola in termini perché si pone come negativa. Non dice nulla. Non fonda controdeduzioni sugli effetti dei vaccini, alimenta la cultura del dubbio iperbolico condito col massimalismo anti-case-farmaceutiche (però altre concentrazioni di produzioni da vendere vanno bene).

Muove sulla paura verso l’ignoto e si moltiplica con la sua proiezione sociale. Si fonda sul rifiuto della crisi. Essendo la patologia psichica moltiplicabile, si accentua sulla condivisione di altri.
– Con “rifiuto della crisi” si intende quella persona a cui è diagnosticata una malattia però dice a sé stessa: “non è vero, non può succedere a me, quel che mi dice lo specialista è un falso”. –
Tutto questo assume proporzioni sociali e diventa un danno per tutti perché ne allontana la, pur parziale e non definitiva, immunizzazione.
Ben diverso e complesso invece il tema delle libertà. La nostra società ha assimilato che, indipendentente dal problema, non esistono libertà alienabili dalla nostra stessa naturale condizione esistenziale. Muoversi, esprimere i propri convinncimenti, effettuare comportamenti conseguenti sono delle necessità inalienabili come il mangiare, il bere, il congiungersi. (L’umanità tutta deve questo assurto a Baruch Spinoza, genio olandese del diciassettesimo secolo).
La necessità di una profilassi speciale che regoli comportamenti e abitudini deve esser considerata al rango una medicina o una dieta: adottata temporaneamente e volontariamente da un soggetto per guadagnare una condizione di vantaggio per la salute. Si tratta quindi di un’indicazione che deve arrivare a ogni singolo soggetto per arrivare conseguentemente alla collettività.
L’imposizione per decreto ha in sé qualcosa di tragico. Dimostra che non si è riusciti a pensare a qualcosa di più adeguato al problema per quello che è.

Ilnardi quotidiano

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