Comuni, vince il centrosinistra 5 a 1

Confermata la previsione del cappotto che si faceva alla vigilia di queste elezioni

Nel nostro paese si delinea una situazione geopolitica che somiglia a quella del novembre 1993. Il centrosinistra, dopo la grande svolta passionale che mutò il Pci in Pds, vinse nelle principali città d’Italia. Lo stesso è avvenuto in questo ottobre 2021, dopo un’altra fase altrettanto passionale come quella della fase di austerità da pandemia e la sua graduale uscita.

Oggi come diciotto anni fa il centrosinistra fa cappotto. Due settimane fa a Milano e Napoli avevano già vinto eccezionalmente al primo turno, rispettivamente Giuseppe Sala e Gaetano Manfredi.

Oggi a Roma ha vinto Gualtieri (59%), a Varese Davide Galimberti (53%), a Torino Stefano Lorusso (59%) e a

Eccezione Trieste, dove ha vinto Di Piazza del centrodestra col 52%, ma anche a Benevento dove ha vinto Clemente Mastella con la sua formazione centrista contro tutti gli altri.

Il centrodestra dovrà sicuramente fare un’analisi e anche un’autocritica sui propri errori e deve cogliere anche un insegnamento dal fatto che ha vinto quando i suoi candidati sono arrivati da Forza Italia. Le due grandi ruote motrici che sono la Lega e Fratelli d’Italia sul piano cittadino si sono insabbiate. Probabilmente dovranno meditare anche sulle candidature non consone. Al deficit di credibilità e visibilità dei loro candidati non ha supplito la forza organizzativa oramai capillare dei suoi principali partiti.

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Il centrosinistra però è bene non prolunghi troppo la festa. Diciotto anni fa dopo la “gioiosa macchina da guerra”, questa la definizione che dette Achille Occhetto alla forza organizzativa del suo partito, dovettero subire una cocente sconfitta, il 24 marzo del 1994, quando Berlusconi scese in campo. Sconfitta che fu replicata per la europee. Non verrà in mente al Pd di andare a votare anzitempo, sul piano nazionale la storia secondo i sondaggi più accreditati la sorte gli si rivolgerebbe contro rovinando loro la festa di oggi.

Ma non sarà un errore che farà il Pd. E in fondo neanche Lega e Fratelli d’Italia lo vogliono. C’è da votare il presidente della repubblica e valutare se accettare la valenza mondiale del voto che vorrebbe Mario Draghi seduto su quello scranno, ma con un presidente del Consiglio e i ministri chiave determinati da sua scelta unilaterale. Diversamente sarebbe un’avventura per tutti. E a nessuno in politica di questi tempi piace correre dei rischi. Lo dimostrano proprio queste elezioni dove nessun big di partito ha accettato di candidarsi per un comune influente. Il lavoro vero, paziente, faticoso della politica meglio lasciarlo agli altri. Ai segretari nazionali e ai deputati già eletti piace più pontificare e dare la linea.

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