GUIDONIA - Mario Caucci, la storia di un uomo nato povero che ha creato un impero

L’industriale del travertino aveva la quinta elementare. A 80 anni confessò a Tiburno passioni, rimpianti e tradimenti: “La mia vittoria? Aver dato lavoro. Il benessere è lo sfacelo dell’uomo”

E’ stato un imprenditore quasi leggendario. Ma pochi conoscono il vero Mario Caucci, l’industriale che ha esportato in tutto il mondo il travertino romano dalle sue cave di Guidonia Montecelio e Tivoli, scomparso all’alba di ieri, domenica 26 febbraio (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO).

Il “sor Mario” – come era comunemente chiamato dai suoi dipendenti – nel 2014 festeggiò gli 80 anni insieme a operai ed amici. E in quell’occasione decise di mettersi a nudo con un’intervista a Tiburno, il settimanale della Città del Nordest in edicola dal 1990 a dicembre 2021.

Fisicamente dimostrava almeno due lustri in meno dell’età. Nonostante avesse soltanto la quinta elementare, il “sor Mario” appariva intellettualmente brillante e intuitivo, a tal punto da essere uno dei maggiori imprenditori del Nord-Est che dal 1974 ad oggi ha dato lavoro a migliaia di operai.

In quell’intervista Mario Caucci giurò di non avere segreti particolari per essere ancora in splendida forma, se non tanta voglia di vivere e raggiungere i traguardi prefissati.

Uno era la festa degli 80 anni, evento da incorniciare con ben due cerimonie, organizzate domenica 7 e lunedì 8: la prima – come da tradizione – insieme ai 200 dipendenti al ristorante “Lu Grisciu”, la seconda insieme a parenti e amici arrivati da tutta Italia nella sua villa di via Quintino Sella, a Villanova, dove oggi alle ore 15 si terranno i funerali.

Per il suo compleanno il “sor Mario” si raccontò nel libro “Caucci” e nel videoclip “Il cammino della mia vita”, musica e parole del compianto Stefano Bastianelli, artigiano che dagli anni Novanta collaborava con le aziende dell’imprenditore del travertino e cantautore molto noto, protagonista in manifestazioni come Castrocaro e Sanremo.

La canzone di Stefano Bastianelli raccontava un uomo d’altri tempi, tutto lavoro e famiglia, votato al sacrificio pur di vincere sempre, ma capace di perdere e tacere.

Un uomo che s’è fatto da solo, nato l’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata Concezione, del 1934 ad Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli Piceno, sotto il segno del Sagittario.

Il “sor Mario” bambino non lo è mai stato a giudicare dal fatto che a 11 anni lavorava in cava e che il 7 luglio 1950 perse il padre ammalato da tempo, ritrovandosi capo famiglia e per giunta disoccupato con una sorella, la mamma di 34 anni e la nonna di 56.

Da allora di strada ne fece parecchia, fino a contare (nel 2014) 4 aziende produttive – Estraba, Cm, Ic e Atc – e 32 punti vendita in tutto il Pianeta, tra Stati Uniti, Australia, Cina, Singapore, Spagna e Belgio – amministrate con l’aiuto del figlio maggiore Serafino, del nipote Mario junior e del genero Angelo Di Marco.

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Mario Caucci un imprenditore quasi leggendario a nord-est. Di lei si è detto di tutto.

Ma chi è davvero Caucci? Si descriva con un aneddoto o con una frase.

Un grosso lavoratore.

Negli anni ‘80 ho lavorato anche 24 ore al giorno per due settimane di fila, l’azienda doveva crescere, avevo impegni mirati perché non sono mai stato spericolato, però i tempi cambiano e non puoi sempre calcolare il giusto: per questo dovevo impegnarmi più che potevo. Poi ho lavorato in media 15 ore al giorno…

Fa così anche oggi a 80 anni?

Oggi esco di casa la mattina alle 8 e non torno mai prima delle 19,30.

Non ci pensa alla pensione?

Ancora no, ma giuro che da domani inizio ad allentare i ritmi, senza comunque mai perdere di vista le aziende.

Lei ha rilevato cave che sembravano estinte e ne ha fatto la sua fortuna. Quali leve e quali virtù ha messo in campo?

L’essere arrivato da una miseria profonda, la conoscenza del mestiere e la tanta voglia di fare e di riuscire ad arrivare fino in fondo.

La vita è una battaglia per farsi largo e realizzare i propri sogni, lei ritiene di aver vinto o perso?

Ho lottato tanto, non credo di uscire sconfitto da questa vita.

Anche l’Italia è ad un traguardo? Il futuro del suo settore e del nostro Paese.

Quando ho iniziato, il settore estrattivo puntava sia al Nord che al Sud. Dagli anni Novanta in poi, almeno io, ho cominciato a lavorare tanto con l’estero, che attualmente rappresenta l’80 per cento della nostra attività. In Italia non c’è più nulla da fare, tuttavia la crisi è mondiale, i pagamenti vengono allungati nel tempo, si fatica ad andare avanti.

Al traguardo degli 80 anni: rimorsi, rancori, rimpianti, delusioni.

Non ho rimorsi né rancori, ma un grande rimpianto sì, l’aver dovuto lavorare e pagare miliardi di tasse in un Paese ostaggio della burocrazia, il male dell’Italia, che costringe gli imprenditori a lottare per ottenere una concessione di escavazione anche quando ne hanno pieno diritto.

A questo rimpianto è legata anche la mia più grande delusione avvenuta a ottobre del 2013, quando il comune di Guidonia Montecelio mi ha chiuso la cava della Travertini Caucci in via delle Cave a Villalba perché la concessione era scaduta, ma in fase di rinnovo.

Mi ha spaccato il cuore a metà, perché in quel sito lavoravano 40 operai che ho ridistribuito nelle altre aziende.

Ad essere sincero un altro rimpianto ce l’avrei…

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Dica, “sor Mario”…

Aver interrotto gli studi in quinta elementare e non conoscere le lingue: per questo nei miei viaggi all’estero mi faccio accompagnare da un interprete. Per lo stesso motivo ai miei nipoti ho imposto di vivere tre mesi l’anno all’estero per impararle bene e non trovarsi mai in difficoltà nella vita.

Un tradimento, nella vita e nel lavoro.

L’ho subito nel lavoro, da qualcuno che credevo fedele e che invece mi ha ripagato male.

E’ vero che in passato bastava una stretta di mano e che invece oggi per soldi e potere si passa sopra a tutto?

Parlo per esperienza personale e dico che dal 1960 al 1994 la stretta di mano era più che sufficiente, ma dopo Tangentopoli è inutile perfino qualsiasi pezzo di carta bollata, perché girano tanti furbi e la legge riescono a girarla come vogliono.

La gioia più grande.

Avere una bella famiglia, è lei che mi dà la forza. La soddisfazione o la vittoria più grande. Aver dato tantissimi posti di lavoro e permesso ai miei operai di vivere dignitosamente.

Nella vita a cosa vale la pena credere?

Al lavoro e alla famiglia.

Quanto conta l’amicizia?

C’è un detto antico che dice: i parenti te li assegna Gesù Cristo, un amico te lo scegli, puoi sbagliare e indovinare.

Posso dire che alla festa organizzata a casa lunedì ce n’erano una sessantina arrivati per me dal Nord e dal Sud Italia.

Ha viaggiato nel mondo e conosciuto altri Paesi, altri popoli e razze: cosa ha imparato?

Che noi italiani siamo degli illusi, che la convinzione di essere i migliori ci ha fatti precipitare in fatto di produzione.

Un fisico d’acciaio, una mente lucidissima: qual è il segreto del “sor Mario” che a 80 anni ancora lavora 10 ore al giorno? Cosa mangia Caucci?

Non ho segreti.

Faccio colazione con yogurt, cappuccino e tre fette biscottate con miele o marmellata fatta coi prodotti del mio frutteto.

Pranzo con poca pasta e un po’ di frutta, ceno a base di carne e pesce e un altro po’ di frutta.

E soprattutto non bevo.

Sport?

Mai fatto per mancanza di tempo. La mia passione è il ballo, tango, valzer, polka e mazurka: ammetto di essere anche un campione e in vacanza insieme a mia moglie abbiamo vinto tante coppe.

Cosa sono i soldi e quanto contano per Mario Caucci?

Quelli che ho guadagnato li ho sempre spesi per l’azienda e per la famiglia.

Ma è vero che i soldi danno la felicità?

E’ falso, danno la tranquillità.

Il benessere ha solo creato dissesto nel genere umano.

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