Eccellenze alimentari tradizionali, il Nord Est premiato due volte

Premiate le Pizzarelle di Cerreto Laziale e il Lepericchio e Sposatella di Capena 

Nove eccellenze della cucina laziale entrano nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizional. Il Masaf, il ministero dell’agricoltura, della sovranità elementare e delle foreste, ha aggiornato per decreto l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Entrano nove nuovi prodotti del Lazio, tra i quali spicca il celebre il “Maritozzo”. Il Nord Est premiato due volte con le Pizzarelle di Cerreto Laziale e il Lepericchio e Sposatella di Capena 

Il paniere regionale delle produzioni tradizionali si arricchisce di altre nove eccellenze, che caratterizzano oramai da tempo l’agricoltura e l’enogastronomia di alcuni dei nostri territori. Un prodotto di salumeria, un condimento, due paste fresche e cinque prodotti da forno:

la Mortadella di Bufala (LT);
l’Aceto di kiwi affinato dell’Agro Pontino (LT);
i Bastoncini Mandorlati (LT);
i Fregnaquanti di Segni (RM);
Lepericchio e Sposatella di Capena (RM);
Il Maritozzo;
Il Pane Casereccio di Campodimele (LT);
Il Pane Casareccio di Cerreto Laziale (RM);
le Pizzarelle di Cerreto Laziale (RM)

Le pizzarelle di Cerreto Laziale sono una pasta fatta in casa con farina di grano e granturco, condite col sugo pistacchiu fatto con aglio, olio, peperoncino, pomodoro e pecorino.

La Sposatella e il Lepericchio sono dolci tipici di Capena. La Sposatella è un dolce a forma di fanciulla con le braccia sui fianchi, un bel vestito e gli occhi di pepe nero. Il Lepericchio è un dolce fatto con lo stesso impasto della Sposatella, ma è una sorta di cesto: di forma rotonda, con un buco nella parte superiore che individua il manico.

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Prodotti Agroalimentari Tradizionali

Le nove produzioni sono entrate nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). L’Arsial, oramai da quasi un ventennio, aggiorna la sezione dedicata al Lazio dell’elenco nazionale dei PAT. Per essere riconosciuto PAT, un prodotto deve necessariamente essere caratterizzato, secondo quanto indicato dalla normativa attuale, da “metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali” per un periodo non inferiore ai venticinque anni.

Con i nuovi ingressi il Lazio sale a 465 prodotti riconosciuti nell’elenco nazionale, collocandosi al secondo posto tra le regioni italiane per numero di PAT, preceduta dalla Campania. Divisi per categoria, rientrano tra i PAT del Lazio: 110 prodotti vegetali, 192 tra paste, dolci e prodotti da forno; 64 carni fresche, 48 formaggi, 10 preparazioni di pesce, 12 prodotti della gastronomia, 9 oli, 7 prodotti di origine animale (miele e ricotte), 9 tra distillati e bevande analcoliche e 4 condimenti.

Il maritozzo

Tra i nove PAT riconosciuti con l’ultimo decreto, spicca il “Maritozzo”, dolce simbolo della tradizione romana. È una piccola pagnotta dolce, soffice e profumata, tradizionalmente di forma ovale, impastata con farina, uova, burro, zucchero, un pizzico di sale, lievito latte, vaniglia, aromi naturali e tradizionalmente arricchita con uvetta. Tagliata al centro in due parti, viene tradizionalmente farcita con abbondante panna montata. In alcune varianti, il maritozzo può essere anche farcito con crema, gelato o con ingredienti salati.

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Tante sono le storie, le leggende e gli aneddoti che ruotano intorno al Maritozzo, che secondo alcuni sarebbe l’erede diretto di una pagnottina addolcita con miele e uva passa, preparata già al tempo dei Romani.  Sembra che nel Medioevo, inoltre, queste pagnottine fossero una sorta di “dolce d’emergenza” da mangiare soprattutto in Quaresima, preparato in modo leggermente diverso: la pezzatura era minore, il colore più scuro, l’impasto arricchito con uvetta, pinoli, e canditi.

Secondo una tradizione successiva, il Maritozzo divenne anche il dono bene augurante che il fidanzato regalava alla promessa sposa. Tanto che, l’origine del nome deriverebbe dalla deformazione burlesca di “marito”. Studiosi, poeti e artisti della tradizione romana si sono cimentati nel lodare la bontà di questo dolce, compreso il Belli, che in un sonetto composto nel 1833,  intitolato “La quaresima”, ne fa una meravigliosa descrizione.

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