Marco Pancrazi da Tivoli ad Hollywood per realizzare un sogno

Dopo il diploma all’istituto tecnico industriale “Volta” di Tivoli, Marco si è laureato in Scienze motorie. La passione per le arti marziali che pratica dall’età di 12 anni lo ha avvicinato al mondo degli sport estremi, e da lì il passo per provare a fare lo stuntman è stato breve. Una volta assaggiato il mondo del cinema, Marco ha iniziato studiare anche come attore finendo per fare comparsate, esperienze in teatro e veri e proprie interpretazioni fino alla grande sfida di Hollywood.

 

Marco, cosa stai facendo in questo momento?

Lultima Volta - Regia di Andrea CostantiniTender Eyes - Regia di Alfonso Bergamo“Tra i vari progetti che sto seguendo, quello di maggior spicco è uno spettacolo teatrale che produrrò e porterò a spasso negli States, da Los Angeles a New York, “The Longest Hour”. Il testo è stato scritto da Vinicio Marchioni e successivamente tradotto in lingua. Un monologo, un atto unico di 50-60 minuti, sull’ultima ora di vita del Poeta Italiano Dino Campana, che trascorse gli ultimi 14 anni della sua esistenza in un manicomio. Nel frattempo attendo l’uscita in Italia di un film che ho girato da protagonista lo scorso novembre. Si chiama “Tender Eyes”, regia di Alfonso Bergamo. Il film, totalmente in lingua Inglese, ora si prepara ad affrontare i circuiti festivalieri, prima di uscire nelle sale”.

 

Come definiresti Hollywood oggi? 

“Terra delle opportunità, popolata da squali e leoni. Ognuno qui ha un sogno, e tutti sono determinatissimi a raggiungerlo. Se non ti adegui, e se non è chiaro nella tua testa, ogni giorno, il motivo per cui sei qui, semplicemente ti sbranano”. 

 

Cpancrazi1ome è nata la tua carriera da attore e stuntman?

“Partiamo dicendo che gli sport estremi hanno sempre fatto parte della mia vita, sin da quando avevo 11 anni. Dalle arti marziali, al parkour e così via. All’età di diciotto anni, ho capito che volevo fare l’attore. Volevo fare cinema. Non avendo nessuna esperienza nel campo, ho ragionato su quale lavoro potesse abbracciare le mie qualità. Ed era lo stuntman. Mi permetteva di unire la mia passione per gli sport estremi, e la recitazione. Ho preparato un dvd con dei video delle mie migliori performance e l’ho portato ad uno stunt coordinator a Cinecittà. Ho iniziato nel 2004 con la serie tv, Rome, e da quel momento non ho mai smesso. Nel frattempo ho iniziato i miei studi da attore, portando avanti le due carriere contemporaneamente”.

 

Qual è il set che ti ha lasciato il più bel ricordo e perchè?

“Rome per la Hbo è stato l’inizio, quindi non lo dimenticherò mai, ma dico “Miracle at St. Anna”. Il film di Spike Lee è stato un’esperienza indimenticabile. Vivere a stretto contatto per due mesi, tra albergo e set, con un regista del suo calibro, con attori hollywoodiani, è stato qualcosa che mi ha fatto crescere artisticamente e umanamente parlando”.

 

E quale quello più brutto?

“Non credo ce ne sia uno più brutto, da ognuno ho preso qualcosa, quindi ringrazio di averlo fatto. Sicuramente in alcune produzioni italiane, ho visto mancanza di professionalità, sotto alcuni punti di vista. Il correre, correre, il non ricercare la qualità ma giusto la quantità, il girare giusto perché si deve portare a casa materiale, questo fa male. Questa è la risposta sul perché tante serie tv americane, per non parlare di film, sono avanti anni luce, rispetto a quello che produciamo noi”.

 

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Lultima Volta - Regia di Andrea CostantiniCi parli degli attori più famosi con cui hai collaborato?

“Ron Howard, Penélope Cruz, Emile Hirsch, Woody Allen, Julia Roberts, Tom Hanks. Sul set con Tom Hanks forse ho vissuto l’aneddoto più carino simpatico. Eravamo su Angeli e Demoni, giravamo una scena al Pantheon e avevano chiuso l’intera piazza, sicurezza ovunque. A un certo punto, nel mezzo delle riprese, vediamo che Tom smette di girare e blocca tutto il set. Non capivamo perché. C’era una ragazza che doveva sposarsi nel Pantheon e non poteva entrare. Tom è andato da lei, l’ha presa sotto braccio e l’ha portata all’interno della chiesa. Penso che quel giorno non lo dimenticherà mai”.

 

C’è qualcuno a cui ti ispiri?

“Joaquin Phoenix. Credo sia uno dei migliori attori al mondo. Poi Christian Bale. Davvero un grande, grande attore. Da lui amo prendere la tenacia, la determinazione e la costanza che lui ha nel diventare il personaggio. Ha perso 30 chili per “The Machinist”, e ne è ingrassato 20 per “American Hustle”. Un vero camaleonte. Ho visto pochissimi attori essere in grado di fare questo”.

 

E’ più soddisfacente fare l’attore o lo stuntman?

“Un’emozione totalmente diversa. L’adrenalina che ti da fare lo stuntman penso non puoi viverla con nessun altro lavoro. Stupendo. Ma essere attore è diverso. Andare in profondità, scoprire sfaccettature del personaggio, capire il perché e come un personaggio fa una determinata cosa, è un po’ come analizzare la natura umana. Non ha limiti, puoi andare sempre giù. Poi quello che amo dell’essere attore, è che mi permette di vivere ogni volta la vita di qualcun altro, è come vivere mille vite in una”.

 

In che genere di film ti piacerebbe recitare?

“Non mi dispiacerebbe fare qualche film d’azione, della serie 007 o Bourne. Ma sicuramente come attore i miei generi sono i film drammatici e i thriller psicologici. In questo range sto indirizzando la mia carriera attoriale”.

 

Tender Eyes - Locandina UfficialeQuando hai deciso di lasciare l’Italia e perchè?

“A fine 2011, dopo il film di Sergio Castellitto, dove ero la controfigura di Emile Hirsch. Decisi che quello sarebbe stato il mio ultimo film da stuntman. Sentivo il bisogno di dover indirizzare tutte le mie forze verso la carriera attoriale, e in Italia in quel momento sentivo non ci fosse nulla per me. L’industria cinematografica è in declino, l’economia terribile, ho deciso di andare prima a Londra e poi a Los Angeles per investire sulla mia vita, sulla mia carriera attoriale, sul mio inglese, insomma su me stesso. Magari un giorno deciderò di rientrare, ma non ora”.

 

Secondo te qual è la differenza tra il mondo dello spettacolo in Italia e in quello negli Usa?

“In America chiunque fa cinema ricerca la qualità, in tutto. Non si fa mai nulla per nulla. Il cinema oltre a una forma d’arte, è mercato, prodotto, denaro, e per farlo fruttare al massimo si deve mirare a creare un’opera d’arte che sia top.  In Italia, per una serie di motivazioni che non sto qui a citare, questo non accade. Sono veramente in pochi quelli che ricercano la qualità, più che altro sono giovani, indipendenti, a cui non è facile gli venga dato spazio. Questo sta distruggendo il cinema Italiano. Voglio, comunque essere positivo. Le cose cambieranno, troppi giovani sono stanchi di questo cinema spazzatura. Non domani, ma cambieranno”.

 

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Cosa hai portato a Los Angeles della tua infanzia e adolescenza a Tivoli?

“La spensieratezza di vivere in una cittadina alla periferia di Roma. Gli amici, le persone con cui sono cresciuto, che mi sono state vicino e continuano a farlo, il tempo che lì, sembra scorrere più lentamente”.

 

Che contatti hai oggi con la città?

“Quando posso rientro a casa, per stare con la famiglia o magari per qualche progetto in Italia. Quando succede, mi prendo sempre un po’ di tempo per me, per passeggiare nei luoghi in cui sono cresciuto. Mi aiuta a ricordarmi chi sono”.

 

Tender Eyes - Regia di Alfonso BergamoCosa hai imparato al Volta di Tivoli che resta ancora oggi? 

“Purtroppo nulla che poi utilizzo ora nella mia carriera lavorativa. Sono in contatto con tanti dei miei compagni, li sento, ci parlo. Un ricordo che mi spinge ad andare avanti, è il mio compagno di banco al biennio, Antonio Rosati. Tutti i giorni dopo scuola il padre veniva a prenderlo e lo portava agli allenamenti di calcio. I professori continuavano a dirgli di smettere di giocare a pallone e studiare di più, lui ha continuato per la sua strada, cercando di studiare il possibile, ma rimanendo focalizzato sulla sua passione. Quando aveva 17 anni il Lecce Calcio lo ha comprato, ci ha salutato, ora è un portiere professionista, gioca in Serie A. Lo stimo tanto, è un grande esempio”.

 

Come trascorri la tua giornata a Los Angeles?

“Studio, scrivo, ristudio, leggo, lavoro, giro, mi alleno, dormo quel che basta e ricomincio. Di tempo libero ce n’è davvero molto poco. Molto, ma molto poco”.

 

Cosa sogni per il tuo futuro?

“Lavorare costantemente come attore. Esplorare continuamente personaggi diversi, ma anche, girare film miei. Sento che ho tante storie che voglio raccontare, una in particolare, riguarda la mia infanzia, e la racconterò presto”.

 

Film preferito?

“Sono tanti, ho difficoltà a scegliere. Le tante pietre miliari, prima di tutto. Poi, “Million Dollar Baby”, per una serie di motivi, ma forse “Le ali della libertà”, è sopra a tutti”. 

 

Attore e attrice preferito?

“Joaquin Phoenix. Hilary Swank”.

 

Regista preferito?

“Non riesco a sceglierne uno. Stanley Kubrick. Scorsese. Clint Eastwood. Lynch. Nolan… e possiamo andare avanti per un bel po’…” 

 

Un film o un ruolo che avresti voluto interpretare?

“Joker, in “The Dark Knight””.

 

Vale ancora sposarsi?

“Non oggi. Non in Italia”.

 

Com’è l’amore nel film e nella vita?

“Totalmente nullo. Non ho davvero tempo per una vita privata, sono troppo concentrato sulla mia carriera”.

 

Cosa vorresti fare “da grande”?

“Quello che faccio ora. Magari di più. Vivere e respirare l’aria del set o del palcoscenico, ogni giorno”.

 

Come ti vedi da anziano?

“Su un’isoletta deserta a scrivere”.

 

Ti fa paura la vecchiaia?

“Sì. Adesso che ho superato i 30 anni, inizio, per la prima volta, a realizzare che il tempo passa davvero, e la cosa non mi piace”.

 

Che titolo daresti alla tua vita?

“La storia di colui che lascia tutto, per vivere un Sogno”.

Massimo Cimò

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