MONTEROTONDO – Favori alla “banda del falso”, finanziere nei guai al mercato settimanale

Incastrato dai colleghi, il militare ricorre al Tar contro la sospensione dal servizio

Lui si è sempre professato innocente, giurando che l’uomo con cui aveva rapporti considerati “opachi” altro non era se non una sua fonte confidenziale.

Ma i colleghi, e i magistrati, sono convinti che lui abbia svenduto la divisa in cambio di favori da parte dei capi della cosiddetta “Banda del Falso”, un gruppo di ambulanti che vendeva capi di abbigliamento contraffatti e che lo avrebbe ricompensato con cene, abiti griffati e cellulari per porre in essere atti contrari ai doveri del proprio ufficio.

E’ la storia di un militare della Guardia di Finanza arrestato a giugno 2020 dal Gruppo Tutela Mercato Beni e Servizi del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma insieme ad altre 14 persone per produzione e vendita di capi d’abbigliamento contraffatti nell’ambito di un’indagine iniziata dalla Procura di Tivoli e conclusa dalla Procura di Roma.

In particolare, il finanziere scelto deve rispondere di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e di rifiuto e omissione di atti d’ufficio: secondo l’accusa, insieme ad altri 3 colleghi della Guardia di Finanza, durante un controllo svolto presso il mercato settimanale di Monterotondo volto ad accertare un traffico illecito di merce contraffatta, il finanziere avrebbe “agevolato” uno degli venditori, impedendo il sequestro totale della merce, in cambio di vantaggi in proprio favore.

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La vicenda è tornata alla ribalta ieri, venerdì 26 aprile, al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio presso il quale il militare aveva fatto ricorso contro la sospensione precauzionale dall’impiego disposta dal Comando Interregionale dell’Italia Centrale della Guardia di Finanza a decorrere dal 18 marzo 2021.

Il Tar con la sentenza numero 8237 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA - ha respinto il ricorso con un provvedimento di 16 pagine.

L’aver accettato la promessa di una remunerazione al finanziere è costato prima l’arresto e poi il rinvio a giudizio, tuttavia il militare ha contestato la sospensione precauzionale dall’impiego, una misura cautelare che prescinde da qualsiasi accertamento della responsabilità e non implica alcun giudizio, neppure approssimativo e provvisorio, in ordine alla colpevolezza.

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Secondo il Tar, il provvedimento è stato adottato all’esito di un’articolata istruttoria in cui il Comando Interregionale della Guardia di Finanza ha evidenziato il grave nocumento arrecato all’immagine ed al prestigio del Corpo dinanzi agli Organi Giudiziari, aggravato ancor più dal risalto mediatico della vicenda sugli organi di informazione.

I giudici hanno inoltre condiviso la tesi dei vertici della Guardia di Finanza secondo cui “la permanenza del militare in servizio determinerebbe elevatissime criticità sotto il profilo dell’impiego non possedendo, lo stesso, sufficienti requisiti di carattere morale per svolgere qualsiasi incarico, per cui non ricorrono le condizioni atte a legittimare, in capo allo stesso, l’esercizio delle proprie funzioni con pienezza d’autorità”.

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