Tivoli – Bambù ed Eden: dal Tar il via libera totale alle piscine del Barco

Bambù: la vittoria al Tar si festeggia con l’apertura della stagione

L’ordinanza di chiusura del Bambù non era valida. Lo ha deciso la Seconda sezione bis del Tar del Lazio che con sentenza n. 2373 ha annullato l’ordinanza n. 365 del 16 luglio 2013 con la quale il Comune di Tivoli, allora presieduto dal commissario prefettizio Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi, aveva disposto “l’immediata cessazione delle attività abusivamente intraprese”. Una dura decisione che di fatto aveva compromesso l’attività stagionale della piscina di via del Barco.

bambù A spingere l’Ente ad adottare una misura così drastica nei confronti dell’associazione quanto certificato nel verbale della Polizia Locale n. 556 dell’11 luglio dell’anno precedente con il quale veniva descritto che l’associazione Bambù esercitava “attività di stabilimento balneare in assenza della prescritta licenza del sindaco in via Primo Brega”.
Dopo oltre un anno di battaglie legali è stata messa la parola fine al lungo braccio di ferro combattuto tra l’associazione presieduta da Simone Romanzi e difesa dall’avvocato Vittorio Messa, e Palazzo San Bernardino con il Tribunale amministrativo del Lazio che ha riconosciuto le ragioni dell’associazione bocciando sia il divieto di balneazione sia quello di somministrazione di bevande ed alimenti, tra l’altro questo ultimo servizio comunicato al Comune già dal 9 aprile 2008 con una classica denuncia di inizio attività.
La sentenza ha quindi riconosciuto l’attività ludico-ricreativa dell’associazione culturale che, dal 1997, offre ai propri soci la possibilità di effettuare “deambulazione con abluzione lungo gli invasi naturali” in cui scorre “acqua sorgiva corrente” derivante da polle d’acqua sgorganti spontaneamente dal terreno.
Per il Bambù una vittoria a tutto campo ma potrebbe ancora non essere finita qui. Infatti l’associazione potrebbe valutare la richiesta di risarcimento danni nei confronti del Comune per la stagione 2013 economicamente rovinata a causa dell’ordinanza di chiusura.

Ed intanto la stagione ha ufficialmente riaperto i battenti già da domenica 1 marzo.

 

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Arriva l’ok a bagni e ristorazione anche per l’Eden

edenMartedì 24 febbraio l’associazione culturale “Eden” di Mario Modaffari è uscita dal Tar con un provvedimento praticamente identico a quello indirizzato al Bambù ma caratterizzato da una importante novità, come la possibilità per i legali dello stabilimento, gli avvocati Carmelo Tripodi e Maurizio Scattone, di proporre un autonomo giudizio e richiedere il risarcimento dei danni causati dall’Ente. La sentenza 3250 certifica definitivamente l’illegittimità di tutti gli atti emanati nell’estate di due anni fa da Palazzo San Bernardino durante la gestione del commissario prefettizio Alessandra de Notaristefani di Vastogirardi. Illegittima l’ordinanza senza numero e data – protocollo 10774/13 – che impose il divieto a chiunque di usare le acque delle vasche. Illegittime le ordinanze 360 del 15 luglio e 363 del 16 luglio che ne inibirono rispettivamente l’uso e l’accesso almeno fino ad avvenuto riscontro degli esiti chimici completi effettuati da Arpa e Asl che descrissero le piscine di “Eden”, “H2SO”, “Parco Tivoli” e “Bambù” come fogne a cielo aperto, contaminate a tal punto da rappresentare un pericolo pubblico per la salute umana, salvo poi essere smentite dagli accertamenti della Procura.

I giudici della Sezione Seconda Bis hanno dichiarato illegittima pure l’ordinanza 364 del 16 luglio 2013 che impose la cessazione delle attività di balneazione e somministrazione garantite invece dall’amministrazione Gallotti, la stessa che a novembre 2012 attivò un tavolo tecnico per risolvere la questione delle polle di via Primo Brega, sospendendo almeno fino al 30 luglio 2013 qualsiasi procedimento finalizzato alla chiusura dei laghetti.
Il Tar ha preso atto che “Eden” il 10 aprile 2012 aveva presentato in Municipio un’istanza di segnalazione certificata di inizio attività settore alimenti e che le vasche del circolo non sono destinate a piscina natatoria, ma soltanto all’abluzione.
Da parte sua il Comune si è difeso sostenendo che in realtà l’associazione di Modaffari gestisce uno stabilimento termale abusivo che sfrutta acque affioranti nel territorio della concessione mineraria di cui lo stesso Ente è titolare e che il tavolo tecnico per risolvere il problema del Barco non aveva portato a conclusioni condivise, per cui era stato annullato dal commissario prefettizio.

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