Guidonia – Rifiuti tossici al Centro cottura: BioRistoro rassicura l’utenza

“Ci riferiamo all’articolo pubblicato sul Tiburno in data 16 maggio 2017 al solo scopo di integrare quanto riferito nell’articolo stesso, e ciò allo scopo di rassicurare l’utenza in merito al fatto che non vi sono mai stati rischi di alcun genere per la salute e per la sicurezza dei pasti preparati presso il Centro di Cottura di Via Todini, che la BioRistoro Italia S.r.l. gestisce, in quanto affidataria del servizio di refezione scolastica, sin dall’anno 2010.
Va fatto presente preliminarmente (come peraltro si evince dall’articolo) come i fusti, ormai da tempo smaltiti, fossero stoccati in una area/deposito, non utilizzata dalla BioRistoro in quanto non ne aveva il materiale possesso, chiusa con chiavistelli e non accessibile dall’esterno.
Nel corso delle attività di monitoraggio ambientale che la Bioristoro fa effettuare periodicamente da ditta specializzata, come previsto da contratto, il tecnico addetto faceva presente come l’esistenza di una area chiusa e non accessibile, avrebbe potuto favorire la presenza di roditori e/o insetti, e quindi suggeriva un intervento di pulizia straordinaria. Va osservato peraltro, come, trattandosi di una attività che impone particolari e rigorosi controlli, nel corso degli anni il Centro di cottura sia stato oggetto di numerose verifiche ispettive da parte della ASL competente senza che mai siano stati mossi rilievi o prescrizioni riguardo il magazzino in questione.
Non potendo avere materiale accesso all’area, in quanto, come detto, area chiusa, la Bioristoro, con comunicazione inviata nel maggio 2016 al Comune ed alla Direttrice della Esecuzione del Contratto, chiedeva al comune stesso di porre in essere quanto necessario per lo smaltimento di quanto presente (evidentemente da molti anni) all’interno del magazzino. In particolare, nella comunicazione, la BioRistoro faceva presente al Comune che, attraverso una rete di chiusura del magazzino, potevano intravedersi masserizie di ogni genere (attrezzature informatiche, frigoriferi, materiali di pulizia etc.), oltre ad alcuni fusti bianchi di cui si ignorava il contenuto.
In esito alla richiesta inviata dalla BioRistoro al Comune, dopo qualche giorno, la DEC, di concerto con l’Ufficio Ambiente del Comune, comunicava alla BioRistoro stessa che tale ultimo Ufficio si sarebbe occupato della bonifica del magazzino.
Coinvolti nella vicenda la ASL e l’ARPA competenti per territorio, ed in attesa, come successivamente appreso, che tra i soggetti istituzionali coinvolti, venissero risolti problemi di competenza, nel giugno 2016 operatori del NIPAF, su incarico del Procuratore della Repubblica di Tivoli, procedevano alla perquisizione ed al sequestro dell’area; qualche giorno dopo, peraltro, la BioRistoro consegnava al NIPAF copia di tutta la corrispondenza intercorsa, con particolare riguardo alla richiesta di intervento della BioRistoro stessa del maggio precedente.
Non appena avuto notizia del dissequestro dell’area, intervenuto nel settembre 2016 (ed attestante, evidentemente, la non pericolosità delle sostanze), la BioRistoro chiedeva nuovamente all’Area Ambiente del Comune di provvedere allo smaltimento (considerando che, come detto, l’area in questione non era di pertinenza della BioRistoro), ma l’Ufficio chiedeva alla BioRistoro stessa di provvedere allo smaltimento per conto del Comune.
Le attività di smaltimento, eseguite ovviamente nel rispetto della vigente normativa, con redazione dei relativi formulari da parte della Ditta specializzata incaricata dello smaltimento, venivano completate in data 3 novembre 2016.
Solo in esito allo smaltimento dei materiali, la BioRistoro ha appreso come, oltre a sostanze assolutamente innocue (quali ad esempio, anticalcare), fosse presente, seppure in modesta quantità, il policloruro di alluminio 10% (sostanza comunemente utilizzata per facilitare lo smaltimento delle acque reflue laddove non presente l’allaccio in fogna, intervenuto negli anni 2002/2003, periodo anteriormente al quale, evidentemente, risale il deposito delle sostanze).
Scopo della presente comunicazione, come detto, è però quello di rassicurare i lettori riguardo al fatto che, a prescindere dalle caratteristiche delle sostanze sopra nominate, deve escludersi che possa esservi stata contaminazione (anche nelle gestioni precedenti alla BioRistoro) dei pasti preparati per gli alunni delle scuole del Comune, né comunque delle aree nelle quali, peraltro, opera quotidianamente il personale della BioRistoro stessa; ciò in quanto dette sostanze, contenute in fusto regolarmente chiuso e sigillato, era stato stoccato da precedenti gestori in area distinta, separata e ben lontana dal laboratorio di preparazione dei pasti.
Chiarimento dovuto anche in quanto, solo mediante la richiesta di intervento della Bioristoro del maggio scorso, si è attivato l’iter che ha portato alla bonifica dell’area magazzino ed alla distruzione delle sostanze”

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Bioristoro Italia S.r.l.

 


Di seguito l’articolo integrale pubblicato sul numero di Tiburno del 16 maggio 2017:

 

“Sistema Guidonia, l’indiscrezione”

Rifiuti tossici al Centro cottura, la “Mafia bianca” sapeva. Di Palma bloccò la bonifica.

A maggio 2016 Argentino voleva denunciare, la Finanza “in ascolto” attivò la Forestale

 

Qualcuno già lo sapeva, altri ne erano venuti a conoscenza soltanto l’anno scorso. Eppure, che nel Centro cottura comunale fossero accatastati rifiuti tossici pare non importasse ad alcuno.
Tant’è che è stato necessario l’intervento della Guardia di Finanza per farli rimuovere dal capannone dove ogni giorno vengono preparati i pasti per migliaia di alunni delle scuole dell’obbligo.
E’ un ulteriore spaccato che emerge dalle carte dell’operazione “Ragnatela”, l’inchiesta della Procura di Tivoli che sta scoperchiando il “Sistema Guidonia”. La conferma che tra i dirigenti, funzionari e politici non ci fosse soltanto l’abitudine di intascar tangenti, ma anche la capacità di tacere e farsi i fatti propri in un clima fatto di coperture e omertà.
In questo caso i protagonisti principali di una vicenda definita inquietante dagli stessi inquirenti – per la quale al momento non ci sarebbero indagati – sono il dirigente all’Ambiente Gerardo Argentino, il funzionario Michele Maccaroni e l’ex vice sindaco Andrea Di Palma, tutti e tre detenuti a Rebibbia per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
I fatti risalgono al 24 maggio dell’anno scorso, quando i militari della Guardia di Finanza di Roma intercettano una conversazione tra Argentino e il funzionario del settore Ambiente, Alberto Latini.
Quest’ultimo comunica al dirigente di aver saputo dall’architetto Valeria Caradonna, il direttore dell’esecuzione del contratto di refezione, circa la presenza di alcuni fusti stoccati in un deposito interno al capannone industriale di via Todini a Setteville dove è in funzione il Centro cottura di Guidonia gestito dalla società Bio Ristoro.
Si trattava di “Policloruro di Alluminio”, un composto utilizzato nella fabbricazione della carta e la chiarificazione delle acque reflue classificato come pericoloso per l’ambiente e le persone.
Appresa la notizia, Gerardo Argentino si allarma a tal punto da ordinare a Latini di andare a controllare di persona insieme a Maccaroni.
E’ il dipendente infedele a riferire al “capo” di cosa si tratta.
“Il problema è che sopra i bidoni c’è scritto quello che è. Io quando sono tornato in ufficio mi sono messo su Internet ed ho stampato le schede.. è pericolosissimo il policloruro di alluminio”.
A quel punto, il dirigente sembrava deciso a trovare una soluzione, tant’è che al telefono annuncia a Maccaroni la volontà di denunciare il fatto.
“Ma non esiste proprio sta cosa – si sfoga Argentino – noi dobbiamo andare a fare secondo me una denuncia ai carabinieri, Miche’… Se disgraziatamente si sparge la voce e qualcuno si sente male che questi è un anno che hanno magnato là, ma che scherziamo?”.
Gli interlocutori non lo sanno, ma ad ascoltarli ci sono i finanzieri che devono essere rimasti di stucco nel sentire le parole di Maccaroni.
“Il tecnico del Centro della Bio Ristoro – spiega sempre il funzionario al dirigente – ha detto che so’ anni che sta così, da dieci anni, da quando c’era Lippiello addirittura”. Una notizia in più che convince Argentino a ribadire la volontà di denunciare il fatto solo dopo averne parlato col vicesindaco Andrea Di Palma
“Dobbiamo andare a fare denuncia ai carabinieri Michè”, fa il dirigente… Ci dobbiamo tutelare per questa cosa, ma che scherziamo?”.
“Intanto io direi poi di chiamare la Pubblica Istruzione – suggerisce Maccaroni – il Direttore dell’appalto e farci fare una comunicazione ufficiale de sta cosa”. E Argentino: “Ma sti cazzi, a sto punto lo spiegherà ai carabinieri perché non se n’è accorta prima..
A me che me frega? Anzi, denuncio pure a loro che non ce lo avevano detto prima”.
L’indomani mattina alle 9 – il 25 maggio 2016, ndr – Argentino si recò in Comune per parlare con Di Palma, impegnato in riunione coi consiglieri Andrea Mazza, Gianluigi Marini e Veronica Cipriani in vista del Consiglio per approvare il Bilancio poi bocciato il 13 giugno.
Certo è che allla fine Argentino rinunciò a denunciare perché Di Palma gli avrebbe chiesto di attendere per non sollevare un polverone in un periodo delicato per l’amministrazione in bilico.
E’ quanto emerge da un’intercettazione tra Argentino e Corrado Cardoni, dirigente alla Pubblica Istruzione.
“Andrea l’ha preso molto facile: vabbè aspettate n’attimo, fate – commenta riferendo il dialogo col vice sindaco in galera – E’ chiaro, così gli solleva un polverone prima del consiglio comunale poi, mancano due giorni
Però è una grossa responsabilità per noi, io a sto punto prenderei tempo e scaricherei a lei (riferendosi all’architetto Caradonna, ndr). Chiediamogli de farci la relazione… l’ha fatta già? perché lui ha detto: chiedetegli na relazione, ma io non sapevo che l’avesse fatta”.
Così, nonostante la mancata denuncia, Argentino cercò di trovare una soluzione interessando anche l’Arpa. Ma il 2 giugno e il 7 giugno furono i finanzieri ad effettuare due sopralluoghi al Centro cottura di Setteville constatando la presenza di fusti di plastica all’interno dei gabbiotti e a relazionare la Procura con un’informativa data 8 giugno.
Tredici giorni dopo gli agenti del Corpo Forestale su delega del pubblico ministero Luigi Pacifici si recarono in via Todini insieme ai tecnici dell’Arpa. La prima reazione fu quella di un certo Alessio della Bio Ristoro che contattò telefonicamente Andrea Di Palma, oramai decaduto.
“Vogliono tutta la documentazione riguardante gli allacci in fogna”, disse allarmato il dipendente della ditta appaltatrice. A dare dare indicazioni su cosa dire ci pensò sempre il facente funzioni.

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