GUIDONIA - Cave, una Convenzione da Procura: “Degemar” denuncia

L’imprenditore Vincenzo De Gennaro scrive al Consiglio comunale e chiede di annullare l’articolo 8: “Viola la normativa Antitrust e il diritto di esercizio di impresa”

Uno Schema iniquo ed illegittimo che viola la normativa Antitrust e il diritto di esercizio di impresa in regime di libera concorrenza.

E’ la Convenzione tra Comune di Guidonia Montecelio e attività estrattive che oggi, lunedì 22 giugno alle ore 15, l’amministrazione 5 Stelle si accinge a votare in Consiglio comunale, secondo l’architetto Vincenzo De Gennaro, legale rappresentante della “Degemar Cave srl”. Alle 11,40 di oggi, l’imprenditore ha inoltrato una Pec indirizzata al sindaco grillino Michel Barbet, al Presidente del Consiglio comunale Angelo Mortellaro, ai Capigruppo e a tutti i Consiglieri con una richiesta ben precisa: bloccare il voto di un atto illegittimo. Nella sua osservazione De Gennaro chiede di rettificare il primo comma dell’articolo 8 della Convenzione al vaglio del Consiglio, un comma che non compariva nella precedente Convenzione ancora vigente.

“Qualora – recita l’articolo 8 – fosse necessario il pompaggio delle acque di allagamento, per consentire, eventualmente, il prosieguo dell’attività estrattiva dovranno essere garantite le seguenti prescrizioni: – La ditta dovrà in tal caso avere l’autorizzazione o il diritto di immissione delle acque emunte in un corpo ricettore autorizzato allo smaltimento di tali acque, ai sensi delle normative vigenti in materia; – Prima di immettere tali acque nel corpo recettore anche artificiale (canale consortile) la ditta dovrà assicurarsi che sia vigente ed operativa l’autorizzazione allo scarico del canale nel corpo recettore finale, per tutto il periodo necessario al pompaggio; – Monitoraggio delle acque, a cura degli enti preposti, a cura e spese della società che sottoscrive la presente convenzione, al fine di poter verificare eventuali inquinamenti della falda acquifera, rimandando ogni azione correttiva alle prescrizioni allegate all’autorizzazione di coltivazione”.

De Gennaro chiede di rimuovere integralmente il primo comma dell’articolo e in particolare la dicitura “canale consortile” del secondo comma, dichiarandosi pronto alle vie legali e alla richiesta di un risarcimento danni, senza contare i possibili effetti di danno erariale di competenza della Procura della Corte dei Conti.

Ma qual’è il problema del nuovo comma aggiunto alla convenzione? Semplice. Tutte le aziende da ora in poi saranno vincolate a cavare soltanto se in possesso di un’autorizzazione a scaricare le acque pompate all’interno del canale consortile. In poche parole prima il Consorzio delle cave deve dare l’ok allo scarico, poi il Comune rilascia i permessi a estrarre.

Una situazione paradossale, secondo De Gennaro che nella nota all’amministrazione evidenzia anche quanto previsto dall’articolo 15 dello Statuto consortile in merito ai requisiti e alle modalità previste dal Consorzio nella domanda di adesione.

“Il possesso dei requisiti necessari all’ammissione viene asseverato da un insindacabile giudizio di merito espresso dall’assemblea”, che – evidenzia De Gennaro – è costituita dalle stesse aziende in forte concorrenza di mercato del potenziale richiedente. “La domanda di iscrizione – prosegue nella sua osservazione l’imprenditore – può essere respinta anche in base ad una soggettiva ed insindacabile valutazione di gradimento, che tenga conto semplicemente della mera utilità e convenienza del Consorzio”.

“La delibera – conclude De Gennaro citando lo Statuto – che respinge la domanda di ammissione non è soggetta ad impugnativa e l’aspirante potrà ripresentare la domanda non prima di dodici mesi”.

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