Omicidio Vannini, condannati fidanzata e famiglia

L’omicidio di Marco Vannini, siamo nel 2015, è uno dei tanti misteri italiani, che hanno tragicamente segnato la storia del nostro Paese. Come nel delitto di Avetrana, dove ha perso la vita Sarah Scazzi, gli investigatori hanno cercato assassino e movente all’interno di un nucleo familiare.

Marco Vannini si trova in bagno, quando viene colpito da un proiettili esploso dalla pistola di Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina Militare.

Fatalità? Oppure omicidio?

Il futuro suocero di Marco, era fidanzato della figlia Martina, si accusa del reato. Le domande nonostante la confessione sono infinite, perché ad un militare molto esperto non può certo partire un colpo in modo accidentale. La tragica storia non si esaurisce con lo sparo, poiché i soccorsi tardano ad arrivare. La telefonata dalla villetta di Ladispoli arriva in ritardo e nessuno dice la verità, durante la conversazione con l’operatore.

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Nessuno ha informato i soccorritori che quel ragazzo è stato colpito alla testa da un protettile e la corsa dal luogo del dramma fino all’ospedale, purtroppo, non salva la vita a Marco. Gli inquirenti si sono trovati davanti due chiamate al 118, mezze verità, bugie e una serie di domande senza risposte.

La ricerca della verità è stata complicata, lunga e pure accompagnata dal desiderio di giustizia della famiglia del ragazzo. Interviste sui giornali e tv dei genitori di Marco sono serviti per ricordare a tutti che il sipario non poteva calare, senza comprendere gli eventi della tragica notte. Dopo cinque anni di processi, la Corte d’Assisi di Appello di Roma ha pronunciato il suo verdetto: Antonio Ciontoli è stato condannato a quattordici anni di carcere per omicidio volontario ed i suoi familiari a quattro anni e nove mesi.

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Ciò che è accaduto quella tragica notte nella villetta di Ladispoli ha, in ogni modo, cambiato per sempre le vite di due famiglie.

Fernando Giacomo Isabella

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