“Il Divo Giulio” e Tivoli

L’uomo dai mille soprannomi

E’ stato il simbolo del potere della Prima Repubblica, sette volte presidente del Consiglio ed infinite volte ministro della Repubblica Italiana. Il Divo (soprannome utilizzato per evidenziare la “sacralità” dell’uomo dato da Mino Pecorelli, direttore del settimanale OP, ucciso in circostanze “misteriose”) era noto per la sua straordinaria rete di contatti internazionali: il rumeno Nicolae Ceaucescu, il siriano Assad, il cubano Fidel Castro, il libico Muhammar Gheddafi, Yasser Arafat, Henry Kissinger, diplomatici, finanzieri, vertici dell’Unione europea, presidenti africani e sudamericani. Questa sfilza di potenti è, però, accompagnata da una serie di “gialli” su tutti la P2 (loggia massonica) e “L’Anello” un “servizio nascosto” della Repubblica. “A parte le Guerre Puniche mi accusano di tutto”, avrebbe riferito il Divo al termine di uno dei suoi tanti processi. Infatti, Giulio Andretti viene processato per rapporti con Cosa Nostra, Michele Sindona, Licio Gelli, per il Golpe Borghese e altre oscure vicende del Bel Paese. L’uomo dai mille soprannomi: zio Giulio (epiteto che sarebbe stato usato dai mafiosi), Belzebù, Molok, Sfinge, Gobbo, Papa Nero e la Volpe, nel 1948 si reca a Tivoli dove ad attenderlo trova il vescovo Favari. Così l’antica Tibur fra i “suoi” uomini di smisurato potere, ricordiamo il cardinale Ippolito d’Este e Federico Barbarossa, può annoverare pure l’uomo più potente della Prima Repubblica.

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