GUIDONIA - Troppi reati gravi, espulso l’egiziano dal “coltello facile”

Per restare in Italia il fruttivendolo con contratto a tempo indeterminato si era appellato al Tar. I giudici: "Non si è integrato ed è pericoloso"

E’ sbarcato in Italia 18 anni fa, ha ottenuto il permesso di soggiorno e un contratto di lavoro a tempo indeterminato come ausiliario alle vendite presso il Centro Agroalimentare Romano di Setteville di Guidonia.

Ma nel frattempo ha commesso una serie di reati talmente gravi da essere considerato un soggetto pericoloso da allontanare immediatamente dal territorio nazionale.

Un provvedimento legittimo, secondo il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che ha dato il via libera all’espulsione di un fruttivendolo egiziano residente a Guidonia Montecelio.

Il caso emerge dalla sentenza numero 4195 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – pubblicata venerdì primo marzo.

Con la sentenza i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso presentato dal nordafricano nel 2019, dopo la revoca del permesso di soggiorno da parte della Questura di Roma e del successivo decreto di espulsione emesso l’11 novembre 2019 dal Prefetto di Roma ed eseguito il 12 dicembre di 5 anni fa mediante l’accompagnamento del cittadino straniero.

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Il Tar ha ritenuto logica e ragionevole la valutazione operata dalla Questura, considerando i numerosi episodi gravi e ripetuti nel tempo dai quali è derivato il giudizio di pericolosità sociale.

Il fruttivendolo egiziano è stato infatti segnalato per falsità in scrittura privata, denunciato porto abusivo di armi e condannato dal Tribunale di Tivoli alla pena di 2 anni per i reati commessi al Centro Agroalimentare Romano di resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale.

Da parte sua, l’egiziano ha evidenziato di essere in possesso di un contratto a tempo indeterminato e di essere legato al territorio italiano da presunti vincoli familiari, mentre alla Questura di Roma non risulta che l’immigrato abbia una famiglia sul territorio nazionale.

Il Tar ha preso atto dei numerosi reati dai quali emerge una condotta di una certa gravità, commessa peraltro a distanza di oltre 10 anni dall’ingresso in Italia.

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“Pur avendo avuto la possibilità, nel non breve lasso di tempo trascorso in Italia, di integrarsi e di apprendere gli elementi alla base della pacifica convivenza, lo straniero è stato più volte sorpreso nel commettere reati, alcuni dei quali ritenuti dalla legislazione in materia d’immigrazione come ostativi al rilascio del titolo di soggiorno”, scrivono i giudici nella sentenza.

“… riemerge prevalente – si legge ancora nel provvedimento del Tar – il rischio connesso all’indole del soggetto che ha già dato prova di non avere limiti comportamentali compatibili con i canoni di convivenza civile, tanto che non può escludersi, nell’ambito di un giudizio prognostico di pericolosità, che possano nuovamente manifestarsi in caso di necessità”.

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