“Non con un lamento” di Giorgio Di Vita: la storia di Peppino Impastato dalla voce di un suo amico e compagno di lotta

13467518 1711775869089927 1394670177 oL’autore

Giorgio Di Vita, scrittore e illustratore, nasce a Roma il 18 maggio 1955. Esordisce, diciannovenne, come disegnatore di fumetti, entrando nel gruppo dei “disneyani” dopo l’incontro con il maestro Giovan Battista Carpi. I suoi fumetti Disney sono oggi pubblicati anche all’estero, in molti Paesi. Nel 1980 è tra gli ideatori di una delle prime scuole di comics di Roma, dove insegna per alcuni anni. Laureato in Storia dell’Arte, si dedica alla scrittura di racconti ispirati a pittori famosi. Collabora con Mondadori, Egmont Italia, De Agostini, Giunti, Panini, Piemme e altre case editrici come autore, illustratore ed editor. Oggi è responsabile dell’area ragazzi di Navarra Editore, dopo esserlo stato, tra il 2008 e il 2009 delle Edizioni Play Press. Oltre a numerosi libri di intrattenimento per bambini e ai due e-book Diventare cartoonist [Bruno Editore] e Come disegnare persone e animali [Arte e crescita], pubblica Cecilia e il mistero del sogno e La compagnia di Capitan Galletto [Città Nuova]; Il bambino delle Ombre [Giunti]; Onde, Alya e Dirar; Il mistero di Nicola; Dieci milioni di giorni fa; Il muro, una storia berlinese e altri titoli [La Spiga].

L’opera

“Non con un’esplosione, ma con un lamento”. È così che finisce il mondo in uno dei versi più famosi di T. S. Eliot, la cui poesia percorre sottilmente questo romanzo centrato su una delle storie più drammatiche e più feconde della rivolta contro la mafia degli anni Settanta. Fu un’esplosione, però, a cancellare la vita di Peppino Impastato, anima di Radio Aut e del movimento che ne scaturì, e il suo fragore deve continuare a scuotere le coscienze. Non è con un lamento che Peppino è morto, e non è con un lamento che i suoi compagni continuano a onorarne la sua memoria.

Orfano di padre per scelta: quando la lotta alla mafia spezza il cordone famigliare

Una battaglia che comincia tra le pareti domestiche quella di Peppino, contro un padre mafioso che lo caccia di casa: la rottura di un legame indissolubile che la cultura del posto non gli perdonerà. “Allontanarsi dalla famiglia è sempre doloroso – commenta Di Vita – Il gesto di Impastato è qualcosa che, soprattutto gli anziani, non hanno mai dimenticato. Felicia, sua madre, era molto combattuta, non si intendeva di politica o questioni sociali. Dopo la morte del figlio invece ha sempre cercato verità e giustizia, dando un contributo fondamentale durante il processo”.

Peppino Impastato, una realtà che è diventata film: quando il commercio dell’immagine diventa un pericolo

Tutti sanno, o almeno dovrebbero, chi è Peppino Impastato, ma pochi lo hanno conosciuto davvero. Certamente molti ne hanno appreso la ‘storia’ guardando la pellicola di Marco Tullio Giordana, I cento passi: come tutti i film però, il racconto della vita del giovane di Cinisi tende a essere romanzato, e si cade nell’errore sempre più frequente di rendere la sua immagine “un prodotto ben confezionato” – proprio come spiega Giorgio Di Vita durante l’incontro. “Manca la coralità delle sue azioni – continua – non emerge l’importanza del suo entourage: non era affatto un eroe romantico e solitario, la battaglia che portava avanti la combattevamo anche noi, i suoi compagni. Dipingerlo così lo pone su un binario morto che non porta a nulla. Sono onesto – conclude – ho un po’ diluito la mia presenza in Sicilia e quest’anno non sono stato alla manifestazione. Ci sono troppe parole intorno all’immagine di Peppino, bisognerebbe scegliere quelle che davvero lo rappresentano e soprattutto sapere quando rimanere in silenzio”.

13441993 1711775879089926 1279571687 oCombattere la mafia attraverso la cultura e l’informazione: Radio Aut e Tano seduto

È il 1977 e a Terrasini, in provincia di Palermo, Peppino fonda Radio Aut, una frequenza libera e autofinanziata che si occupava tutti i venerdì sera di satira politica e denuncia territoriale. Da quel microfono lui e i suoi compagni portavano avanti la lotta al potere malato e corrotto. “Ogni boss – spiega Di Vita – ha bisogno di consenso e seguaci, creandosi nel tempo un’immagine, il rispetto, la paura. Impastato comincia da subito a togliere ai mafiosi la credibilità con lo sberleffo (Tano seduto era l’appellativo di Gaetano Badalamenti ndr), scoprendo e diffondendo le loro malefatte. Si cercava già allora di lanciare un messaggio attraverso questo grande strumento quale è la cultura. Ahimè non ci è riuscito Peppino, noi non ci stiamo riuscendo e forse non ci riusciremo mai”.

Dalle piazze ai social, quell’evoluzione che porta il cambiamento: sì ma a quale prezzo?

Non possiamo ignorare la tecnologia che avanza, dovremmo, però, stare molto attenti al suo potere alienante. Nel passaggio dagli spiazzi alle piattaforme online, sappiamo ciò che abbiamo guadagnato, ma siamo poco consapevoli di quello che abbiamo perso. “Non esiste più la condivisione – commenta l’autore – prima ci si fermava a chiacchierare sui marciapiedi, tutti si salutavano e si conoscevano, soprattutto. Oggi dominano traffico e televisione, le porte sono sbarrate, i cellulari sono l’unica compagnia possibile durante viaggi in treno. Mi fa male vedere questo mutamento a Terrasini, specialmente per i giovani, che hanno perso il contatto con queste realtà. Dovremmo essere il terreno fertile su cui la storia di Peppino può seminare ancora qualcosa”.

La mafia esiste ancora oggi: abbiamo davvero imparato a conviverci?

In un’Italia che da tempo sa bene come masticare la corruzione e l’illegalità, sembra che niente possa stupire più l’essere umano. “Dare per scontato che la mafia ci sia e che abbia grande potere sulle masse – spiega Di Vita – è molto pericoloso. Le generazioni di oggi non sanno più distinguere ciò che è giusto da ciò che invece non lo è. Che cosa possiamo fare? Il nostro è un terreno fragile, dobbiamo nutrirlo, continuare a seminare e far crescere le coscienze. Un po’ come quando disegno, voglio poter immaginare una realtà vestita di una profondità diversa.

Peppino cominciò a dire, alzando la voce, quello che tutti sapevano, ma che nessuno diceva. Per via di quelle mani sulla bocca, sugli orecchi e sugli occhi. Cominciò a dire forte che la mafia c’era, eccome, e che era una “montagna di merda”.

L’appuntamento, il prossimo autunno

Librinfestival augura a tutti una buona estate e dà appuntamento a ottobre 2016, per la festa di premiazione dei mestieri del libro.

 

di Rara Piol

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