Gli effetti delle trattative tra Cinquestelle e PD che non nascono oggi, non finiranno domani

Crisi politica a Guidonia Montecelio. L'intervento dell'ex direttore di Tiburno, Angelo Nardi

Doveva succedere ed è successo. IL trattato di non aggressione tra Cinquestelle e Partito democratico è approdato a una convergenza organica. Non poteva essere diversamente. IL PD non avrebbe sostenuto le elezioni senza un quadro di alleanze, tantopiù dopo un “no” alla compagine con la quale governa a livello nazionale e regionale.

Sempre coi Cinquestelle, infatti, Zingaretti prova a fare il laboratorio di alleanze per i governi di altri enti-regione. Perché Guidonia dovrebbe essere un’eccezione?

Ma bisogna fare attenzione. Come il patto Molotov-Ribbentrov produsse una guerra, lo stesso potrebbe accadere in un’alleanza che ha molto di disorganico se non si assestano delle chiavi di governo fondamentali. E queste non possono essere solo del tipo: ‘resistere, resistere, resistere per tagliare i nastri della Ryder Cup, portare a casa qualche lavoro ben fatto della Regione Lazio’.

Nell’alleanza bisogna mettere qualcosa di più. Innanzitutto il cervello. Questo significa capacità di programmare le opere di cui la città ha bisogno: raddoppio della linea ferroviaria su Roma, potenziamento delle aree industriali, realizzazione di un nuovo centro di attività imprenditoriali in area casello, dare una struttura sanitaria degna ad un comune di centomila abitanti in area nevralgica dell’asse metropolitano ad Est di Roma.

Tutte cose ben conosciute ma lasciate sospese dallo spontaneismo onest-ista dei Cinquestelle. E il problema per il PD sarà anche far crescere i passionari in uomini di governo che stanno subendo una crisi senza preavvisi, solo per stanchezza di alcuni dei propri aficionados con carica elettiva in Consiglio.

Un lavoro di assistenza permanente da parte del PD che potrebbe non essere capito dagli stessi soggetti messi sotto tutela.

I problemi del partito di Zingaretti sono questi. Ma d’altra parte questo percorso per loro è obbligato. Voci interne parlano di dimissioni di Zingaretti per arrivare alle elezioni, il prossimo anno, sia a Roma che in Regione, presentando un’alleanza organica. E’ chiaro che la partita di Guidonia va ben oltre Guidonia. La Città dell’Aria diventa un luogo di sperimentazione per quel laboratorio sul quale Zingaretti ha rilanciato la scommessa politica.

La strada è obbligata per il PD perché dall’altra parte la destra, pur divisa in personalismi, ci mette un attimo a compattarsi per creare un cartello e vincere. Poi governare sarà un’altra cosa. Quindi quella che per il PD si mostra una strada lastricata di insidie e difficoltà, in cui si deve prendere in carico un alleato la cui immagine pubblica è totalmente erosa, è invece l’unica strada percorribile.

L’osservazione, a questo punto, è di metodo. Se è vero, come Tiburno ha scritto, che Emanuele Di Silvio potrebbe essere il vicesindaco si tocca una sgrammaticatura imperdonabile per un partito che ha scelto nella democrazia sostanziale il nome della sua ragione sociale. Di Silvio, una bravissima persona, è stato competitor del sindaco in carica. Chi ha svolto uno ruolo di antagonista non può essere subalterno dell’avversario che l’ha battuto. E’ l’abc della politica democratica. Come se Hilary Clinton fosse nominata vicepresidente da Donald Trump!

IL PD dovrà inventare altre formule. Le fantasie ci sono. Mettesse all’opera le sue teste pensanti.

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