Castel Madama

CASTEL MADAMA – Via libera al Piano urbanistico, i ricchi confinanti non litigano più

l Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar, respinto il ricorso dell’imprenditore delle Olive Angelo Mancini contro il Comune e il costruttore Mario Cipriani.

Con sentenza numero 418 pubblicata lo scorso 13 gennaio il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello proposto dal Comune di Castel Madama, ha annullato la sentenza del Tar Lazio numero 8552-2019, con la quale i giudici di primo grado avevano ritenuto illegittimo il Piano Particolareggiato C5 del Comune su ricorso di Angelo Mancini, 73 anni, noto come il “Signore delle Olive” e titolare di “Madama Oliva”, un’azienda nata a Castel Madama e ora a Carsoli con un fatturato da 30 milioni di euro che ha conquistato perfino il mercato statunitense.
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Il Consiglio di Stato ha infatti integralmente accolto le lagnanze del Comune che aveva eccepito anche in secondo grado come Mancini non avesse diritto ad impugnare il piano particolareggiato. Infatti Mancini, pur avendo tratto vantaggio dalle previsioni del piano particolareggiato del 2015, in base al quale aveva ottenuto un permesso di costruire per demolizione e ricostruzione aumentando di 500 metri quadrati circa la superficie del suo immobile, lo aveva impugnato chiedendone ed ottenendone l’annullamento dal TAR.
L’imprenditore si era appellato al Tar perché all’interno del Piano in cui furono ridefiniti i Comparti di edificazione e – a “cucitura” del tessuto tra via di Colle Fiorito e via della Piantata – venne previsto un nuovo Comparto numero 20 di circa 1.200 metri quadrati sul terreno di proprietà della “Cimappalti srl”, società del gruppo del 68enne costruttore edile Mario Cipriani.

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I Giudici dell’appello amministrativo hanno invece riconosciuto l’assenza di interesse ad agire del sig. Mancini, sostenendo che “l’odierno appellato si duole dell’illegittimità di un atto di pianificazione che ha costituito il necessario presupposto per il rilascio di un permesso di costruire che gli ha consentito la demolizione di un preesistente manufatto e la ricostruzione di un nuovo edificio di cubatura ben più consistente….. Poiché le previsioni di tale piano attuativo sono unitarie e inscindibili, ……l’accoglimento della domanda di annullamento di primo grado è precluso dalla stessa prospettazione dell’originario ricorrente, il quale – non avendo rilevato come anche il proprio permesso sarebbe stato caducato dall’accoglimento della domanda – otterrebbe un risultato invero paradossale, di risultare ad un tempo beneficiario del permesso emanato in base al piano e di ottenere nel contempo la rimozione delle altre previsioni del piano attuativo a lui non gradite”.
Il Consiglio di Stato ha altresì evidenziato che la richiesta di Permesso di Costruire del sig. Mancini sulla base del PPC5 dimostri l’acquiescenza al Piano costituendo questo “un atto dal quale ha tratto un vantaggio di cui si è concretamente avvalso”.
Pertanto, i giudici di palazzo Spada hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado, condannando il sig. Mancini a rifondere al Comune le spese di entrambi di gradi di giudizio quantificate in 6 mila euro oltre accessori.
“Nel ringraziare l’avvocato Giuseppa Bellavia del foro di Roma e l’avvocatura comunale che hanno lavorato di concerto per ottenere questo risultato – afferma l’assessore all’urbanistica Federico Pietropaoli – esprimo la mia soddisfazione per la sentenza del Consiglio di Stato, che ha finalmente riconosciuto come non siano accoglibili richieste di tutela contro atti, provenienti da quegli stessi soggetti che invece traggono vantaggio privato dai medesimi Atti che pubblicamente pretendono di censurare, a testimonianza che la soddisfazione dell’interesse pubblico imponga coerenza e trasparenza”.

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