Farmaci! Per tenere il mondo in stato pre-comatoso

Nel parlamento dell’Unione una deputata francese ha il coraggio di arpionare Ursula Van Der Leyen sulle sue debolezze

Nel dibattito nostrano in cui spicca tanta provincialità c’è un grande assente. Anzi due. Innanzitutto Big Pharma che ha spianato la strada alle grandi imprese produttrici di vaccini per dettare condizioni capestro. E poi l’Unione Europea. Tutto l’armamentario di avere un controllo e un gestore unico dei nostri affari nazionali trovava senso nel fatto di avere un grande nume tutelare, un organismo, forte, referenziale, extranazionale, proto-confederativo di Stati, coi quali difendere la moneta – innanzitutto – ma porsi come interlocutore commerciale potente davanti alla grande industria globale. Questa seconda grande condizione è andata a farsi benedire. L’Unione Europea della teutonica Ursula Van Der Leyen è arrivata a trattative col cappello in mano, in veste di supplice. Chiaro è che le grandi imprese farmaceutiche erano possessori di un bene unico, primario, di cui si doveva disporre in tempi rapidissimi. Vero è che non sono possibili atteggiamenti ritorsivi nei confronti di mega-attività che viaggiano con fatturati che mettono in ginocchio qualsiasi governo nazionale. Ma è vero anche che le condizioni minimali per spuntare garanzie contrattuali migliori dovevano esserci. Israele è più potente e ricca dell’Unione Europea per assicurarsi all’acquisto nove milioni di dosi per i suoi cittadini? Il Regno Unito che ha dato il suo saluto a noi poveri continentali, ha maggiore credibilità dell’Unione Europea? Ha sicuramente più efficienza e pragmatismo visti i suoi numeri di vaccinati e paragonarli a quelli del resto d’Europa. Ma il dibattito sullo strapotere delle grandi case farmaceutiche non finisce qui. Anche su Washington Post – in un paese dove esiste veramente la libertà di espressione, di pensiero e di stampa – si informa sulle malefatte di un altro colosso farmaceutico. Ed è un problema su cui i paesi liberi dovranno fare i conti, una volta finita questa emergenza. Altrimenti c’è da temere che saremo sempre in emergenza.

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